Alleanza strategica

Il 97% delle scuole italiane dialoga con le imprese ma serve più orientamento

La ricerca "Il rapporto Scuola-Azienda" conferma la stretta connessione. Nicola de Cesare di Gruppo Spaggiari Parma e Angela Mencarelli di La Fabbrica ci raccontano cosa implica questo dato

report alleanza Scuola Azienda

Mentre si discute di skill mismatch e della necessità di formare i talenti di domani, un dato quasi unanime emerge dal sistema formativo italiano e accende una speranza: il dialogo tra i banchi di scuola e le scrivanie delle aziende non è mai stato così forte. Non si tratta di un’impressione, ma di una realtà certificata dalla terza edizione del report “Il rapporto Scuola-Azienda. Un’alleanza strategica” di La Fabbrica Società Benefit, Fondazione Sodalitas e ANP: il 97% delle scuole italiane collabora attivamente con le imprese.

Ma cosa si nasconde dietro questa percentuale? È un’alleanza solida ovunque, capace di affrontare le rivoluzioni dell’intelligenza artificiale e delle competenze STEM? Soprattutto, qual è il ruolo del sistema ITS Academy, da molti considerato l’avamposto più efficace di questa sinergia?

Per navigare tra i successi consolidati e le sfide future, TuttoITS Academy ha raccolto il commento di Nicola de Cesare, amministratore delegato di Gruppo Spaggiari Parma, e Angela Mencarelli, amministratrice delegata di La Fabbrica Società Benefit.

Il report rivela che il 97% delle scuole collabora con le aziende. Questo numero racconta una storia di successo uniforme in tutta Italia, o nasconde ancora delle criticità e delle differenze importanti?

“A mio parere – spiega Angela Mencarelliè una storia di successo in tutta Italia. Le differenze, se presenti, non sono rilevanti. In tutto il nostro Paese si è compreso quanto valore derivi da questa relazione, sia dal punto di vista delle scuole, sia da quello delle aziende. Quindi sia per il futuro del sistema educativo, sia per quello del mondo del lavoro. Quest’alleanza strategica si traduce nella possibilità di offrire ai giovani saperi integrativi legati alla contemporaneità, di valorizzare i talenti, di favorire progetti di orientamento che aiutino i ragazzi a fare scelte più consapevoli e informate. Le aziende hanno l’opportunità di incontrare in modo autentico le nuove generazioni e i loro bisogni, anche in ottica di scambio intergenerazionale e talent acquisition”.

Per formare le competenze STEM e ridurre lo skill mismatch, che ruolo gioca e come si può rafforzare il dialogo con il sistema degli ITS?

“Negli ultimi anni – racconta Nicola de Cesare-, gli ITS si sono caratterizzati come ponte fondamentale tra la scuola secondaria e il mondo del lavoro. La forte presenza delle aziende nella guida strategica degli istituti oltreché di esponenti aziendali nel corpo docente, corroborata dalla logica di filiera e del 4+2 promossa dal Ministero, ha reso gli ITS un esempio virtuoso di collaborazione scuola-azienda. Lo confermano i dati del monitoraggio nazionale 2024 sul sistema ITS Academy, elaborati da INDIRE su incarico del Ministero dell’Istruzione e del Merito, secondo cui a un anno dal diploma, l’87% dei diplomati nel 2022 ha trovato lavoro. Di questi il 93,8% in un’area coerente con il percorso portato a termine. La parte ancora latente è l’orientamento: bisogno aiutare i ragazzi a valutare queste nuove carriere tecnico/professionali. Bisogna fare in modo che nei momenti chiave di decisione sul futuro ci siano tutte le informazioni su questi profili di studio/carriera a disposizione di docenti, famiglie e studenti per orientarli verso scelte consapevoli. Soprattutto alla fine del primo ciclo, quando la scelta della scuola secondaria superiore viene fatta prevalentemente dalle famiglie che, nella maggior parte dei casi, considerano i percorsi tecnico-professionali di “seconda classe” rispetto a percorsi accademici tradizionali”.

Dal report emerge che per le aziende l’impatto sociale (ESG) conta più del recruiting. Secondo lei, perché?

“Sempre più spesso – risponde Mencarelli – investire nella scuola fa parte delle strategie di medio/lungo periodo delle aziende. Sicuramente la maggior parte dei progetti realizzati da La Fabbrica hanno l’obiettivo di generare un impatto sociale educando e formando le nuove generazioni. È, invece, più difficile parlare di recruiting in senso stretto. Le aziende piuttosto orientano verso scelte che possono nel medio termine cercare di colmare lo skills mismatch. O fanno operazioni di employer branding per attrarre con proposte di valore gli eventuali futuri dipendenti”.

La richiesta di progetti su IA e STEM è in forte aumento. La scuola italiana è pronta?

“La scuola deve diventare la palestra per allenare gli studenti a utilizzare le nuove tecnologie AI – sottolinea de Cesare – Anche se l’adozione dell’IA suscita ancora molti timori per i ragionevoli dubbi legati alla sensibilità dei dati che vengono gestiti nel mondo scolastico. Ma qui non parliamo di IA applicata ai processi educativi; qui si parla di insegnare agli studenti a padroneggiare queste tecnologie perché non siano una semplice black box. Oltre a questo, a mio parere, la scuola ha un compito estremamente importante: deve assolutamente aiutare i ragazzi, non solo a conoscere gli strumenti, ma anche a capire i casi d’uso e a sviluppare uno spirito critico verso le risposte/soluzioni che questi strumenti forniscono. Le aziende avranno bisogno di talenti che siano in grado di individuare gli ambiti applicativi su cui far lavorare gli algoritmi, utilizzando una solida capacità critica per valutare gli outcome. Questo rappresenterà il vero vantaggio competitivo. Su questo punto credo che la scuola italiana con il suo modello educativo possa giocare un ruolo da protagonista“.

Come superare la burocrazia, indicata come il principale ostacolo? Servirebbero figure “ponte”?

“Le linee guida per l’orientamento del MIM prevedono effettivamente una figura, l’orientatore scolastico, che ha tra i suoi compiti l’interfaccia con il territorio, le aziende e le istituzioni – sottolinea l’amministratrice delegata di La Fabbrica Società Benefit – Questa figura è stata introdotta solo recentemente e, dunque, il tempo ci dirà se sarà risolutiva. Società specializzate come La Fabbrica possono agevolare la relazione aiutando le aziende a sviluppare contenuti e interfacciandosi con la scuola. Ma non è solo una questione di burocrazia. Per proporre progetti efficaci servono persone esperte di pedagogia, storytelling, didattica attiva e gamification che sappiano tradurre i valori delle aziende in esperienze formative memorabili”.

Perché l’educazione finanziaria, definita una “potenzialità inesplorata”, latita?

“La financial literacy è – conclude Mencarelliun abilitatore di cittadinanza attiva, ma in Italia c’è ancora poca sensibilità sul tema, tanto che i nostri ragazzi sono al di sotto della media OCSE. Qualcosa però si sta muovendo: la Legge 21/2024 o Legge Capitali ha reso l’educazione finanziaria un insegnamento obbligatorio in tutte le scuole. Le scuole sono chiamate a fornire competenze fondamentali sulla gestione del denaro, il risparmio e gli investimenti. Per invertire la rotta occorre sensibilizzare sia i docenti, sia le aziende, che devono essere sempre più consapevoli del loro ruolo all’interno della comunità educante”.

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Riccardo Liguori
Collaboratore
Giornalista professionista. Determinato, riflessivo e curioso, tra i temi che ho più a cuore l'ambiente e la filosofia hanno (quasi) sempre la precedenza.
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