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Upskill, idee nuove per le sfide di sempre

Gli appuntamenti finali hanno svelato i progetti e le soluzioni ma anche i grandi temi che le piccole realtà si trovano ad affrontare e a risolvere grazie a inediti approcci

In collaborazione con: Fondazione Cariverona

Non solo prodotti e servizi, ma soprattutto processi e nuove visioni: è l’eredità che Upskill, il progetto promosso da Fondazione Cariverona con il supporto di Upskill 4.0., lascia alle realtà partecipanti.

A confermarlo, gli eventi conclusivi, andati in scena a Verona e Mantova. Protagonisti sul palco, a raccontare le soluzioni progettate per risolvere le sfide lanciate dagli imprenditori, i giovani studenti degli ITS coinvolti nell’iniziativa. Upskill si conclude come tappa di un percorso basato sulla leva metodologica del design thinking ma il suo impatto continua perché non solo i diversi player possono realizzare le idee, e introdurle sul mercato o in azienda, ma sono liberi di abbracciare e fare proprie le importanti suggestioni emerse.

Stretti in una routine fatta di impegni, obiettivi, scadenze – e fisiologici problemi quotidiani- le piccole realtà corrono il rischio di ripetere all’infinito le dinamiche virtuose, dimenticando però di rilanciare le ambizioni sondando nuove vie, introducendo tecnologie o facendo proprie le possibilità e le innovazioni che i consumatori sperimentano già in altre sedi. Gli studenti degli ITS, grazie alla guida dei project manager di Upskill 4.0, hanno dimostrato che un’opzione come la gamification può tornare utile a una grande realtà culturale come Palazzo Te a Mantova, che ambiva a ripensare la sua card per coinvolgere maggiormente il target di riferimento. Impossibile tralasciare customization e fidelizzazione in un’era dove le piattaforme social rappresentano uno straordinario strumento di passaparola a cui il pubblico contribuisce in prima persona, comunicando la sua presenza in hotel, ristoranti, hotel, locali.

Le presentazioni dei progetti a Mantova


Gli studenti degli ITS hanno sondato bisogni e aspettative al fine di apportare competenze che nascono sui banchi, nei laboratori e sui territori di riferimento. Una dimostrazione è il concept promosso dalle studentesse dell’ITS Mita che hanno raccolto la sfida lanciata da Daniela Vettori, fondatrice dell’omonima mini-impresa artigiana che chiedeva di sviluppare un packaging più sostenibile. Le studentesse hanno ideato una linea di prodotti in pelle che, esaurita la funzione di custodia del gioiello, possono trasformarsi in comodi astucci. A ispirarle, la possibilità di utilizzare le pelli delle aziende del distretto toscano della concia, al fine di trasformare gli scarti in risorse. Idea vincente e molto apprezzata da Margherita Galla, figlia di Daniela, che affianca la madre nella gestione del laboratorio orafo vicentino. Come spiega a TuttoITS, “la sostenibilità è una vocazione dell’azienda dalle origini, fin da quando mia madre l’ha aperta negli anni ‘80, mettendo al centro la naturalità del prodotto. Un difetto era che il nostro packaging non rispecchiava questo aspetto sostenibile. Usiamo anche sacchetti in pelle ma sono prodotti da aziende. Andare a prendere gli scarti rappresenta meglio la nostra filosofia. C’è anche un tema territoriale importante e affidare il progetto alle studentesse del Mita si è rivelata una scelta mirata”.

Il nuovo packaging rappresenta, di fatto, un ulteriore prodotto che il cliente può riutilizzare: “Un aspetto che avevamo approfondito con gli studenti era proprio il packaging come portatore di valore aggiunto a un oggetto, il gioiello, che per vocazione è per sempre. Per avere un packaging elegante spendiamo moltissimo e non è di riciclo. Quindi è un plus riuscire a rimanere nei costi che abbiamo dando però un prodotto riutilizzabile”.

Upskill ha anche dimostrato che è importante ricalibrare le idee, quando serve: la sfida progettuale di Bottega Nove è cambiata in corsa, passando dal tour virtuale per raccontare le fasi produttive della realizzazione di mosaici in ceramica e porcellana alla creazione di una vera e propria carta di identità digitale del prodotto che offre molte più opzioni e contenuti aggiuntivi, compreso un configuratore immersivo. Un cambio di passo molto gradito da Christian Pegoraro, fondatore di Bottega Nove: “Siamo giunti alla conclusione che il tour non ci serviva e da lì è partita l’idea che è approdata alla carta di identità digitale del prodotto: la possibilità di vedere il prodotto in 3d e configurarlo è un vantaggio”. Le competenze degli studenti si traducono in visioni che non sempre emergono in azienda, anche a causa dei ruoli: “Nel mio settore mancano figure che lavorino in ambito grafico o di sviluppo di software e applicazioni digitali da portare nella realtà manifatturiera. Facciamo fatica a inglobarle o averle al momento”. Veicolare grazie al digitale il valore aggiunto del prodotto fa la differenza anche oltre confine: “La soluzione ha una doppia funzione: confermare il posizionamento del brand e fornire servizi aggiuntivi spiegando al contempo il prodotto. Lavoriamo all’estero per il 90% e ci confrontiamo con mercati in cui siamo noi a dare per scontate alcune cose: quindi sono tutti spunti utili per spiegare cosa facciamo e facilitarne la vendita”.

Nessun aspetto può essere tralasciato, tanto più quello generazionale: attirare Gen z e millennial in una tenuta, e far conoscere gli aspetti della produzione vinicola, significa sviluppar e soluzioni ad hoc come dimostra la case history di Tenute Francesco Righetti. Come spiega il project manager di Upskill 4.0 Michele Andrea Tagliavini, che ha seguito il progetto, “mettendo assieme punti di vista molti diversi, si riesce ad avere insight di quello che pensa una generazione, per offrire alle aziende i clienti potenziali dei prossimi 30, 40 anni. Il design thinking ci permette di andare a capire esattamente quali sono le esigenze di diversi target. La possibilità di avere una metodologia consolidata è fondamentale per noi perché seguiamo passi ben definiti, strutturati su come iniziare, terminare il progetto e renderlo efficace dal punto di vista strategico, in quanto il prototipo è anticipato da un percorso dettagliato che ha all’interno cinque mesi di lavoro, ricerche e tecnologie”.

In altri casi, strumenti già esistenti, come il sito corporate, possono essere rilanciati con un’attitudine nuova: lo dimostra la storia di Stampo Meccanica, azienda che produce stampi per la deformazione a freddo della lamiera. Un progetto solo apparentemente semplice, che esemplifica bene invece i bisogni di alcune peculiari tipologie di impresa. Non a caso Marco Bettiol, docente associato di management a Padova, lo ha definito “un progetto template che andrebbe replicato in altre realtà”. L’accademico spiega perché a TuttoITS: “Le imprese che non lavorano con il prodotto finito ma partecipano alla costruzione di un prodotto -e magari svolgono un’attività cosiddetta di fase– normalmente sono state abituate a vivere nell’ombra o a comunicare in modo molto tecnico. Oggi queste imprese si trovano di fronte a una sfida e un’opportunità, allargare i confini del loro mercato: vista la qualità raggiunta possono provare a venderla in un mercato più grande, ma hanno bisogno di comunicare ciò che fanno in modo rinnovato. Il digitale consente di presentare con grande profondità la qualità e le caratteristiche tecniche alla base del prodotto e del servizio che offrono. Potenzia una capacità che un tempo era relegata a momenti ben definiti, è come avere una fiera aperta tutto l’anno”.

Gli ITS fanno spesso la differenza, con il loro capitale umano, in contesti dove le realtà industriali sono presenti e strutturate anche in distretti: come posso incidere in contesti meno favoriti? “Mi verrebbe da dire che in quel caso l’ITS dovrebbe contribuire a costruire un nuovo tessuto, essere un seme che fa nascere un distretto nel tempo, è sfida affascinante ma di grande potenzialità. Bisogna trovare qualche impresa importante che ci crede e un ITS disposto ad aprirsi a questo confronto: non è facile partire da territori con base produttiva numericamente meno rilevante, c’è bisogno di lavorare di più a stretto contatto con imprese che possono fare ancoraggio per la nascita di un numero di nuovi ambiti e contesti produttivi”, conclude l’accademico.

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