Futuro e carriera

Le storie vere aiuteranno la causa degli ITS?

Un evento di orientamento ha ospitato tre ex studenti, per capire cosa li ha spinti a frequentare un Istituto Tecnologico Superiore e come hanno valorizzato nel lavoro la formazione acquisita

Basta la forza dei numeri, e quindi dei meri fatti, per spingere gli studenti prossimi al diploma – o i giovani adulti che devono fare reskilling- a considerare di intraprendere un percorso di formazione tecnologica superiore? Se così fosse, dovrebbe esserci l’assalto, posto che, come ricordava il ministero dell’Istruzione nel 2022, “secondo i dati del monitoraggio, svolto dall’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire), l’80% dei diplomati ha trovato lavoro nel corso del 2021 e, di questi, oltre il 90% in un’area coerente con il proprio percorso di studi“.

Eppure, come confermano a volte gli stessi intervistati di TuttoITS, presidenti e direttori generali delle Fondazioni, questo segmento di formazione non è ancora così conosciuto e noto presso il grande pubblico, famiglie in primis. Queste ultime incidono molto sulle scelte dei giovanissimi, in virtù di idee, visioni, preconcetti ed esperienze pregresse dei genitori o di altri figli. Le aspettative, familiari e sociali, giocano ancora un ruolo rilevante quando si sceglie cosa fare dopo il diploma. Posto che un dato ministeriale non è la prima fonte di riferimento per una platea giovane, cosa potrebbe spingere i futuri allievi a considerare di iscriversi a un ITS, oltre alle info scolastiche, agli open day e al racconto mediatico? E soprattutto, in prospettiva di quali obiettivi? L’esperienza di chi ha già raggiunto il traguardo può naturalmente dare più ispirazione di una semplice statistica, o del consiglio di un adulto, almeno a giudicare dall’evento online di orientamento agli ITS dal titolo “Il futuro è tuo: come crearsi una carriera di successo con gli ITS Academy Veneto“, promosso dalla Regione Veneto.

In diretta su Twitch, sul canale Social Warning, l’evento mirava a raggiungere, in particolare, gli studenti delle classi IV e V delle scuole secondarie di secondo grado, e ospitava, in collegamento tre alunni ITS, ex studenti quindi che stanno valorizzando, nel mondo del lavoro, le competenze maturate frequentando un Istituto Tecnologico Superiore: Lisa Grosso, general manager presso Grosso Srl; Francesco Vantin, co-founder di Gimmi Jeans; Simone Degani, fondatore di Degani Jewelry. Della partita, anche Davide Dal Maso, docente ITS e fondatore di Movimento Etico Digitale.

Nel corso della diretta, avvenuta lo scorso 13 aprile, gli spettatori potevano rivolgere quesiti, via chat, spaziando da fisiologiche curiosità burocratiche (sono previste prove di ingresso; cosa succede se non posso prendere parte al test?) ad aspetti più complessi (“avete scoperto da soli le vostre inclinazioni?“).

Una certezza emersa dalla diretta è che non c’è un solo buon motivo per iscriversi a un Istituto Tecnologico Superiore ma diversi e, come per altri ambiti, ogni scelta nasce comunque nel contesto di una storia personale, familiare, territoriale.

Qualche elemento comune però c’è, anche a fronte di narrazioni diverse: l’ITS fa presa su chi cerca una formazione di alto livello in tempi ragionevoli (dura un biennio) e può solleticare l’appeal di chi, a grandi linee, ha un interesse, un’inclinazione e, in casi più elettivi, anche un heritage familiare in un settore. Non ci si iscrive, come a volte si pensa, per mancanza di chiarezza ma, talvolta, in presenza di una consapevolezza su cosa si vuole fare e, soprattutto, su cosa non si vuole fare affatto.

In azienda sì ma “in proprio”

Come nel caso di Simone Degani che, dopo la formazione all’ITS Cosmo, ha lanciato un suo brand di gioielli. “Creativo e smanettone“, ha trovato nel jewellery design un ambito di espressione e realizzazione personale. Niente azienda per lui dopo l’ITS, malgrado, come spiegato in diretta, le imprese si dichiarino disponibili ad assumere gli stessi studenti che hanno contribuito a formare nei mesi precedenti (“circa la metà avevano il posto sei mesi prima“, ha spiegato Simone). Imprenditore, quella di Degani non è un’eccezione in quanto “quattro o cinque dei miei colleghi hanno un’attività in proprio“. Un corso di formazione tecnica superiore può piacere, quindi, anche a chi vuole vivere di creatività e non “strisciare il badge”, come dimostra la storia di Degani.

Competenze nuove per generazioni nuove

Diverso il caso di Lisa Grosso, che lavora nell’azienda di famiglia, che si occupa di costruzioni in legno, e ha un diploma di liceo linguistico. Nel suo caso la formazione da Istituto Tecnico Superiore all’ITS è tornata utile nel contesto dell’impresa familiare. Non solo infatti Grosso, che ha frequentato ITS Red Academy, ha trovato più motivazioni per lavorare nel business di famiglia ma ha riportato nel perimetro competenze hard e soft che mancavano, da quelle di marketing a quelle di comunicazione. “Ora, avendo fatto un percorso di un certo tipo, vengo ascoltata di più, da mio padre e dagli altri” ha confessato Grosso che si confronta, in prima persona, con le sfide di un settore che viene da anni complessi e ha tante sfide davanti. Lavorare in settori tradizionali è un concetto relativo, in quanto anche questi contesti sentono la spinta della digitalizzazione e della sostenibilità, avvertono quindi gli impatti delle grandi trasformazioni del nostro tempo. E richiedono nuove competenze e attitudini.

Lo dimostra anche il caso di Francesco Vantin, cofondatore di Gimmi Jeans: la maglieria, e quindi la filiera dell’abbigliamento, era già nel suo orizzonte professionale e familiare, oltre che territoriale. Frequentando l’ITS Cosmo Fashion Academy, e “mettendo le mani in pasta nel mondo delle confezioni” Vantin ha potuto osservare – dal di dentro – numerose dinamiche lungo tutta la catena del valore e tornato a casa a Vicenza ha cominciato a lavorare nella maglieria, per poi fondare un’azienda che vuole rendere il denim green valorizzando fibre sostenibili (come quelle della canapa). Come sottolineato da Vantin, anche la figura del direttore creativo, nel prossimo futuro, “dovrà avere un aspetto tecnico; è fondamentale allora un percorso che ti dia le conoscenze, che ti consenta di sapere come risolvere un problema senza delegare, oltre a saper creare un bel prodotto con una bella immagine“.

Ben lungi da rappresentare quindi una scelta in mancanza di alternative più prestigiose, l’ITS, come raccontato dai protagonisti dell’evento sull’orientamento, incontra i bisogni di chi aspira a formarsi in tempi chiari, al fine di raggiungere più velocemente l’indipendenza, coniugando pratica e teoria al servizio di inclinazioni da valorizzare o tirar fuori. Anche la didattica, come sottolineato da Davide Dal Maso, è votata a elargire un know how più che a tradursi in un excursus teorico che abbraccia i decenni. Un esempio di scuola? “Una manager del food and beverage ti spiega come sceglie i vini per la catena in cui lavora. Fa differenza (per il futuro professionista) che uno te lo mostri di persona“. Per la serie: “Si fa così, nel mondo del lavoro ve lo chiederanno così“.

Orientare anche le famiglie

L’incontro di orientamento ha svelato storie di persone e territori: il Veneto è un contesto privilegiato sia per la presenza di un tessuto produttivo che pullula di imprese in maniera capillare, sia per la forte dimensione turistica, sia per l’alta diffusione di percorsi tecnologici post diploma presenti nelle sette province. La vocazione al lavoro post diploma, in tempi più veloci rispetto a una canonica formazione universitaria, non è certo un tema nuovo ma la logica della smart specialization, ovvero del bisogno di elevate competenze tecniche per affrontare un mercato del lavoro in cambiamento, resta ancora un argomento per specialisti più che una consapevolezza per giovani e famiglie.

L’evento di orientamento “Il futuro è tuo” era rivolto ai ragazzi, al fine di “stimolare un confronto attivo e propositivo sul tema del percorso di carriera” ma non sarebbe male allargare il perimetro della discussione anche alle famiglie in quanto, come sottolineato da Dal Maso, “l’ITS non fa parte del percorso tradizionale che i genitori conoscono“. E in tal caso è più facile suggerire le alternative di sempre o, al contrario, favorire il passaggio per direttissima al lavoro, in un mondo di imprese e mestieri che però è ormai molto diverso da quello dei padri.

Il racconto di vita vera via Twitch può fare più delle statistiche, forse, anche per smontare il pregiudizio.

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Maria Rosaria Iovinella
Giornalista professionista| Milan-based since 2008
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