Un corretto smaltimento di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche è vitale per il futuro del pianeta, non solo quello ambientale. Questa peculiare tipologia di scarti, che annovera grandi e piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, dispositivi informatici e di telecomunicazione, figura come la categoria di rifiuti che cresce più velocemente nell’Unione Europa. In Italia nel 2021 la raccolta dei Raee ha registrato una crescita del 5,3% rispetto al 2020, per un totale di oltre 385mila tonnellate (14esimo Rapporto annuale del Centro di coordinamento Raee). I prodotti elettronici contengono sostanze chimiche nocive per l’ambiente ma anche metalli preziosi e materiali riutilizzabili: trattarli correttamente significa estrarre meno risorse naturali e consumare, nel complesso, meno energia. Con questo obiettivo lavora nel nostro paese Stena Recycling: la casa madre svedese è parte di Stena Metall Group, presente in nove paesi in sei diversi ambiti di business.
In Italia, Stena Recycling è presente con i suoi impianti ad Angiari (Verona); Cavenago di Brianza (Monza Brianza) e Carpi (Modena). Riciclare i Raee e valorizzarne i materiali rappresenta una sfida costante, a fronte anche di un quadro tecnologico che accelera velocemente ma non sempre tiene conto del “fine vita”. Lo spiega a TuttoITS, Giuseppe Piardi, managing director di Stena Recycling: “Lavoriamo su un prodotto che ha un’età media di 5/10 anni. I nuovi ingressi sul mercato li vedremo quindi nel giro di qualche anno. C’è bisogno di una maggiore attenzione al fine vita in sede di progettazione. Prendiamo i frigoriferi: tra i problemi più grossi figurano i nuovi sistemi di coibentazione. Emergono sul mercato forme di isolamento, come i pannelli compressi, che presentano problemi di recupero molto importanti sotto il profilo ambientale e della sicurezza. Prendiamo le e-bike: le batterie a litio rappresentano una vera emergenza, a causa dell’instabilità propria che presentano. Oppure, i cellulari di nuova generazione: hanno tutti la batteria fusa nel prodotto ma nessuno pensa poi a come smaltirla. La sfida principale è dovuta a un sistema normativo, e di stakeholder, che fatica ancora a pensare al fine vita quando immette un prodotto sul mercato”.
I Raee sono classificati in cinque grandi raggruppamenti e richiedono un know how peculiare che gli stessi stabilimenti Stena rispecchiano. Il manager lo racconta, con dati e cifre: “A Cavenago ricicliamo i frigoriferi, le apparecchiature che generano freddo (es: celle frigo) e i grandi bianchi. Parliamo di un sito che gestisce 11/12mila tonnellate di questo prodotto all’anno, con tassi di recupero molto alti, al 96%. Ad Angiari abbiamo il sito più grande: un complesso di 100mila metri quadrati di cui una ottantina coperti, dove recuperiamo Raee ma anche frazioni derivanti dalla demolizione auto e dal trattamento dei metalli. Abbiamo impiantistica dedicata al recupero di frazioni ad alto valore (rame, alluminio e preziosi, ndr) e un nascente impianto di recupero della plastica rigida. Infine, Carpi: la sua vocazione è il raggruppamento tv e monitor, con investimenti importanti per adeguare la tecnologia. Abbiamo avviato una linea specifica per il recupero dei pannelli fotovoltaici, con una capacità di trattamento di 600 tonnellate al mese; guardiamo non solo al trattamento del pannello ma specificatamente alla frazione vetrosa. Infine, abbiamo un progetto sullo stoccaggio della batteria a litio da trazione”.
Con 20 milioni di euro investiti, il sito di Angiari sarà pronto in autunno a gestire i processi necessari per ricavare dalla plastica dei Raee i polimeri per realizzare nuovi prodotti. La ricerca di professionisti, con diverse competenze, è nodale per l’azienda. Spiega Piardi: “Abbiamo investito molto dal punto di vista tecnologico e impiantistico. E indubbiamente c’è carenza nelle figure intermedie e nei turnisti.
Alcuni lavori sono ritenuti pesanti ma c’è anche un tema relativo all’aspetto educativo: con le triennali abbiamo appiattito gli istituti tecnici, fucina di quadri intermedi di cui abbiamo estrema necessità, ovvero le figure intermedie che rappresentano l’ossatura della produzione industriale. Rivalutare gli istituti tecnici è quindi importante. Nei nostri impianti abbiamo bisogno di tutte queste figure, dall’operatore turnista alle figure intermedie a quelle un po’ più specializzate, ad esempio chimici o ingegneri dei materiali per il laboratorio interno per il controllo della qualità di prodotto nel nuovo impianto dedicato alle plastiche. Il nostro appello è “fatevi avanti”. Una vera e propria call che chiama in causa, tanto più, chi ha maturato, o sta maturando, competenze tipiche degli Istituti Tecnici Superiori (ITS).
Stena promuove anche un programma di training paneuropeo che consente a specifiche figure professionali di maturare esperienze negli stabilimenti degli altri Paesi in cui il gruppo è presente, un aspetto di sicuro appeal. La mancata comprensione della peculiarità del lavoro svolto da un’azienda di questo tipo rappresenta forse un ostacolo? “Cerchiamo di fare tanta informazione e apriamo gli impianti al territorio perché ci sono anche pregiudizi. La materia prima è il rifiuto ma parliamo di un rifiuto specifico, quello tecnologico. Chi non fa parte del circuito dell’economia circolare, rimane stupito della complessità”.