C’è un sostanziale accordo sui punti fondamentali della riforma degli ITS attualmente in discussione al Senato e ferma in Commissione Cultura tra la rete delle Fondazioni ITS del Veneto. L’umore, tuttavia, è quello di una trepida attesa con più di un punto interrogativo sul prolungarsi dei tempi di approvazione.
Cosa chiedono le Fondazioni ITS venete alla riforma
Si auspica in primo luogo di trovare risposte ad alcune domande. “Poiché siamo Fondazioni private e le risorse giungono solamente per i progetti e l’offerta formativa, auspichiamo ci siano finanziamenti anche per le sedi degli ITS che finora hanno sempre trovato ospitalità temporanea”, dicono i portavoce delle fondazioni. Inoltre si chiedono risorse per la realizzazione di poli tecnologici e laboratori. La direzione desiderata è quindi quella di una “stabilizzazione delle risorse in modo che queste non siano legate ai bandi di concorso da parte delle Regioni, ma vengano erogate direttamente dal ministero dell’Istruzione come accade con le università”. Ciò permetterebbe di usufruirne in tempistiche adeguate alla gestione dei progetti. “Al momento invece i fondi arrivano a destinazione dopo circa un anno, poiché vengono erogati sulla base delle attività svolte”.
Formazione di tecnici esperti: ecco quali servono
Una risorsa molto importante già oggi, fondamentale nel futuro e quasi del tutto assente sul territorio veneto, riguarda la figura del programmatore esperto di tecnologie dell’informazione (IT) dove la necessità attuale è di 8mila tecnici esperti. Deficitario è poi il settore del cyber, la cibernetica, con particolare riferimento alla sicurezza informatica. In questo settore, dove il Veneto risulta particolarmente carente, la necessità è di almeno 300-400 esperti. Qui la formazione è tutta soltanto in capo alle aziende e a qualche università. Vuoti che si sperano di colmare con l’ultima nata in Veneto, a fine dicembre scorso: ITS Digital Academy Volpato.
Quel bisogno di riconoscibilità sociale
Infine, più di qualche Fondazione riterrebbe necessario un adeguato riconoscimento sociale degli ITS, da ottenere per esempio attraverso campagne a livello nazionale. La percezione di percorsi di studio infatti, è come fossero di serie B rispetto per esempio alla formazione liceale. “Salvo poi rivelarsi vincenti in termini di occupabilità degli studenti”, commentano.