Il commento

Perché il rapporto della Fondazione Agnelli sugli ITS non è (né potrebbe essere) un bilancio della riforma

Da un lato è ancora troppo presto per potere tirare le fila dell'impatto della riforma di luglio 2022, dall'altro nel documento non emergono dati a riguardo. Qualche domanda che ci facciamo, e poniamo, su un report che ha fatto discutere

A inizio ottobre ha ricevuto un’importante attenzione mediatica e suscitato un certo scalpore – insieme, va detto, a un discreto malumore nel mondo ITS – il rapporto realizzato da Fondazione Agnelli e pubblicato da Milano University Press dal titolo “ITS Academy: una scommessa vincente? L’istruzione terziaria professionalizzante in Italia e in Europa“. Un documento lungo oltre 200 pagine che offre una panoramica temporale e spaziale sulla formazione professionale post diploma, mettendo in luce con dati e contributi esperti le analogie e le differenze tra il sistema ITS italiano e gli analoghi di paesi europei come Germania, Francia, Spagna e Svizzera.

Un lavoro approfondito che rappresenta anche un’interessante lettura e punto di vista sul mondo degli ITS, che arriva però in un momento molto particolare dell’evoluzione degli Istituti Tecnologici Superiori: siamo infatti a poco più di un anno dalla più importante riforma che gli ITS abbiano avuto nei quasi 15 anni della loro storia. Una riforma che ha il sicuro pregio di corrispondere a generosi finanziamenti agli ITS Academy in arrivo tramite il Pnrr, ma che ha anche la peculiarità di una certa lentezza istituzionale nel passaggio tra l’impianto generale della riforma e i necessari decreti attuativi (secondo una dinamica piuttosto fisiologica, dato che nel mezzo ci sono state le elezioni e un cambio di Governo).

Proprio la riforma dello scorso anno viene presentata nel rapporto “come forse l’ultima chiamata per il decollo di un vero sistema di alta formazione professionale”, sottolineando allo stesso tempo che “alcune delle scelte effettuate appaiono poco in sintonia con quello che succede nel resto di Europa” e ponendo come obiettivo del documento il “sollecitare una riflessione su questi aspetti”.

Saranno forse queste premesse, sarà forse il gran numero di differenze evidenziate rispetto ai nostri vicini di casa, o magari la sequenza di critiche (esplicite e implicite) rivolte all’attuale impostazione istituzionale degli ITS, oppure ancora il trovarsi a 15 mesi dalla fine dell’iter della riforma, ma il rapporto è stato spesso colto e percepito – tanto dagli addetti ai lavori quanto da molti giornali tra cui Corriere della Sera, La Stampa, Orizzonte Scuola e Tecnica della Scuola – come una sorta di bilancio dell’impatto della riforma stessa.

E anche se questa non fosse stata l’intenzione di chi l’ha realizzato, delle due l’una: uscire oggi con un rapporto che si limita a valutare e commentare lo status quo antecedente la riforma parrebbe poco sensato, dato che la riforma rappresenta comunque una pietra miliare nell’evoluzione degli ITS. Allo stesso modo, pretendere di potere trarre già un bilancio dell’effetto della riforma suona quantomai prematuro, dato che la gran parte dei fondi in arrivo non è ancora giunta a destinazione. Per non contare che il primo vero anno in cui la riforma può avere un impatto in termini di iscrizioni degli studenti è quello 2023-2024, per il quale le candidature e le selezioni sono ancora in corso, e i dati non disponibili.

Non è infatti un caso che, in termini numerici, il rapporto non racconti granché di nuovo. Il numero assoluto piuttosto basso di iscritti agli ITS, o le differenze di ordini di grandezza sulla percentuale di persone che scelgono la formazione professionale terziaria in Germania o in Svizzera rispetto all’Italia, sono questioni arcinote e che non a caso stanno anche nell’articolo con cui TuttoITS ha avviato le proprie pubblicazioni. Addirittura, su alcuni aspetti il rapporto si limita a citare dati ufficiali ormai piuttosto superati dai fatti: riguardo al numero e alla dimensione degli ITS, per esempio, il riferimento è al più recente rapporto di Indire, che è aggiornato al 1° giugno 2022, tanto che si segnala un totale di 121 Fondazioni ITS mentre oggi siamo ben oltre quota 130.

Tutto questo non per ridimensionare o screditare il rapporto, che senza dubbio è invece molto prezioso dal punto di vista della visione globale e delle potenziali prospettive e innovazioni da introdurre, ma per fissare un punto: il rapporto di Fondazione Agnelli non vuole né può rappresentare un bilancio dell’efficacia della riforma, sia perché è troppo presto sia perché prende in grandissima misura in considerazione la situazione precedente, commentando di fatto con valutazioni qualitative l’effetto della riforma e quello della potenziale ulteriore revisione della formazione tecnica italiana con la formula 4 + 2 proposta dall’attuale ministro Valditara.

Qualche domanda, insomma, resta aperta. Che senso ha proporre oggi ulteriori revisioni dell’impostazione degli ITS quando ancora non abbiamo visto concretizzarsi le novità – e i generosi finanziamenti – arrivate dopo il lunghissimo (e non ancora del tutto compiuto) percorso attuativo della riforma? Se la formazione terziaria in altre parti d’Europa è oggi un modello virtuoso, e lo è anzitutto per via della nascita molto più precoce degli analoghi degli ITS italiani in paesi come Germania e Francia (e qui sta, semmai, la principale responsabilità): chi dice che la soluzione per colmare questo gap sia omologare il nostro modello a quello degli altri paesi? E poi, anche di fronte ai sicuri limiti e criticità che gli ITS hanno e probabilmente continueranno ad avere, generare un’ondata mediatica di critica nei confronti degli Istituti è davvero utile alla loro promozione e sviluppo, per di più proprio nelle settimane in cui sono in fase calda le campagne di iscrizione per la quasi totalità del corsi?

Da ultimo, non per importanza, una piccola questione di metodo. Il rapporto di Fondazione Agnelli insiste molto sul legame (troppo blando, si legge) tra ITS Academy e mondo universitario, auspicando di fatto un avvicinamento di questi due mondi e l’inquadramento degli ITS stessi all’interno del mondo della formazione più che in quello delle imprese. Tuttavia, è ben noto che i rapporti tra ITS e università nel nostro paese abbiano una propria serie di peculiarità, e che la scelta dell’attuale inquadramento non sia frutto di errori accidentali bensì di un’impostazione desiderata e richiesta dal mercato del lavoro e dal mondo delle imprese, a cui si aggiunge una serie di accordi nazionali e internazionali persino con realtà universitarie. Ed è anche per questo che la scelta di includere tra gli autori del report dei soli ricercatori universitari – scegliendo un editore universitario per la pubblicazione e senza interpellare di fatto alcun portavoce di un mondo ITS che è in indubbia espansione – potrebbe essere percepita come discutibile nella visione d’insieme. Oltre che forse un poco straniante da parte di chi, come anche il nostro stesso newsbrand, il mondo ITS lo vive quotidianamente.

Leggi gli approfondimenti di TuttoITS sul rapporto di Fondazione Agnelli:
Il documento scaricabile
L’intervista long form al curatore
I numeri del rapporto, commentati

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Gianluca Dotti
Coordinatore editoriale TuttoITS
Giornalista e fisico, specializzato in tecnologia, scienza e imprese innovative. Coordinatore editoriale di TuttoITS.
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