TuttoITS x Fondazione Cariverona

Non solo Upskill, le sfide ad ampio raggio di Fondazione Cariverona

Progetti di sistema e dal respiro pluriennale rappresentano da tempo la via per un cambiamento positivo nei territori. Ma conta anche il confronto fra soggetti diversi, come racconta la Responsabile dell'area istituzionale Marta Cenzi

In collaborazione con: Fondazione Cariverona

I prossimi mesi, a partire da giugno, saranno piuttosto intensi per il progetto Upskill promosso da Fondazione Cariverona: saranno svelati, infatti, i prototipi realizzati come risposta alle sfide progettuali lanciate dalle aziende agli studenti degli ITS e degli atenei di Padova e Ca’ Foscari mentre, in autunno, l’iniziativa sarà estesa anche ad Ancona e Belluno, con l’avvio della manifestazione di interesse.

Ma le novità non mancano anche per la stessa Fondazione: lo scorso marzo, il Consiglio generale ha infatti nominato Bruno Giordano come nuovo presidente (l’imprenditore, originario di Legnago, presidente e amministratore delegato di Giordano Controls Spa, era già consigliere generale da dicembre 2021, ndr).

Una nuova pagina si apre, quindi, in termini di governance. Tutto ITS ha intervistato Marta Cenzi, Responsabile area istituzionale Fondazione Cariverona, per parlare di Upskill ma anche, più in generale, delle sfide con cui si confronta una Fondazione di origine bancaria in una stagione complessa ma non priva di opportunità.

Cenzi, fra il 1991 e il 2023, Fondazione Cariverona ha sostenuto oltre 22mila progetti. Le Fondazioni, un po’ come organismi vitali, vivono stagioni diverse. In che fase siamo adesso, anche al fine di inquadrare un progetto come Upskill all’interno di un quadro più generale della vostra storia?

È una stagione di profonda riflessione, iniziata in questo senso ormai più o meno otto anni fa. Rispetto al passato, potevamo contare su una dotazione di risorse economiche più ridimensionata e – in ogni caso – ci interfacciavamo con un contesto economico, sociale, relazionale complesso, che richiedeva a nostro giudizio una riflessione su che tipo di ruolo volessimo giocare nel futuro. In questo senso abbiamo fatto un cambiamento progressivo. Abbiamo cercato di sollecitare, attraverso bandi o iniziative dirette, progetti che fossero di sistema, articolati, di respiro pluriennale, prevalentemente sviluppati in rete, che avessero l’ambizione di creare un impatto sul contesto comunitario e territoriale di riferimento. La seconda grande trasformazione è stata ragionare non più in termini di settori di intervento (arte, cultura, formazione, ricerca scientifica, ecc), ma in termini di obiettivi strategici individuati dal nostro Consiglio generale, l’organismo che delinea le linee strategiche della Fondazione sia per la gestione del patrimonio che per le attività proprie della nostra mission istituzionale.

Marta Cenzi

Abbiamo identificato, otto anni fa, tre obiettivi strategici. Ambiente e sostenibilità, Capitale umano, Innovazione sociale. Poi abbiamo deciso di guardare anche a soggetti che per natura giuridica non possono accedere direttamente ai nostri contributi, ma che riteniamo fondamentali per il territorio: il comparto imprenditoriale, in particolare le piccole e medie imprese. Abbiamo cercato di connetterci con quel contesto, ovviamente attraverso le modalità che possiamo esercitare come Fondazione di origine bancaria. Ecco, quindi, il tema della ricerca, dell’innovazione aperta e collaborativa, della commistione sinergica tra il comparto imprenditoriale e il mondo universitario, tra profit e non profit.

Vi occupate di territori importanti e di città nodali per il paese in tre regioni diverse (Veneto, Marche, Lombardia). Godete di un osservatorio privilegiato sugli input dei beneficiari e sulle esigenze dei territori. Che sentiment percepite in questa stagione, soprattutto dopo anni così incalzanti?

Sicuramente centrale è il tema della sostenibilità a 360 gradi, ambientale ma anche sociale ed economica. C’è nel contesto del welfare un’attenzione alla dimensione della prossimità, quindi alla capacità di creare dei contesti che rafforzino le reti relazionali, un welfare più localizzato, più comunitario. C’è un tema di rivalorizzazione dei legami sociali, soprattutto nelle giovani generazioni che, soprattutto nel periodo pandemico, sono rimaste orfane di contesti di relazione e di confronto. Emerge anche il tema delle nuove competenze, delle professioni del futuro, del digitale e dell’intelligenza artificiale e, più in generale, di come la tecnologia possa giocare il ruolo di fattore abilitante.

Resterà interessante l’approccio proprio delle dinamiche di innovazione aperta e collaborativa, che mettono insieme visioni diverse, esperienze e competenze diversificate favorendo il confronto tra soggetti che magari, tradizionalmente, non dialogano in maniera così costante, cioè tutto il mondo profit con il mondo no profit, tutto il mondo delle piccole e medie imprese con soggetti innovativi. Negli ultimi anni abbiamo investito molto anche in azioni di co-progettazione, di co-programmazione. In questo senso la nostra presenza su tre regioni diverse è senza dubbio un tema di complessità ma, allo stesso tempo, uno stimolo ed una fonte di ricchezza.

Upskill è un progetto che illustra bene il fattore sinergie, perché c’è l’impresa, c’è il mondo degli istituti tecnologici superiori, c’è l’università in questa seconda edizione. Cosa rappresenta il progetto per voi e come lo avete rimodulato nella sua seconda edizione?

Upskill è un progetto che fa sintesi di tanti elementi che ci stanno a cuore. Nutre la relazione e il dialogo con il mondo imprenditoriale, ne sollecita le dinamiche e le propensioni all’innovazione 4.0. Poi, l’attenzione verso le giovani generazioni, gli studenti. Nella prima edizione esclusivamente quelli degli ITS; in questa seconda, anche gli studenti degli atenei di Padova e Ca’ Foscari con la prospettiva di di includere altri atenei del territorio veneto.

In Upskill c’è anche il tema dello sporcarsi un po’ le mani, di entrare nei contesti lavorativi, si crea un innesto che è molto generativo, sia per gli studenti, sia per gli imprenditori che hanno l’opportunità di confrontarsi con lo sguardo nuovo, creativo, delle giovani generazioni. Il tutto ovviamente accompagnato da facilitatori (i project manager di Upskill, ndr). Per noi è assolutamente un progetto interessante perché ci dà la possibilità di avere uno spaccato di questi due mondi. Un intervento molto concreto che porta come output finale a una prototipazione, a una sperimentazione sul campo. Dopo la prima edizione, abbiamo ragionato con il team di Upskill 4.0 e abbiamo cercato di capire come poter sposare questo format progettuale – che è un po’ diffuso su tutto territorio nazionale – alle specificità della nostra Fondazione. Non escludiamo che magari in futuro ci possa essere, laddove ovviamente sia possibile, una commistione di team misti (ITS e università). In quanto alla silver economy, come Fondazione abbiamo sostenuto, nel territorio anconetano, un acceleratore di startup che guarda proprio a questo mondo della Silver Economy, quindi, abbiamo voluto un po’ testare anche questo ambito nella seconda edizione.

Upskill spinge le imprese a lanciare nuovi prodotti o a ripensare i processi. Sarebbe pensabile un monitoraggio che vada oltre i prodotti e i servizi lanciati, più sul lungo periodo, per capire in che modo le aziende cambiano nel profondo, posto che si tratta di temi, dalle competenze all’operatività, non banali?

In generale, il tema del monitoraggio, della valutazione e della rilevazione degli esiti, è per noi centrale . Capire quanto l’intervento della Fondazione sia stato più o meno efficace è fondamentale. Anche laddove si rilevasse un esito non particolarmente in linea con le attese, l’azione resta comunque centrale e di valore perché fonte di apprendimento interno e utile strumento per la definizione delle linee future.

Lo è anche per Upskill. Con il team interno di Fondazione Cariverona che si occupa del monitoraggio , insieme ovviamente ad Upskill 4.0, siamo impegnati ad impostare un sistema che possa restituire il potenziale generativo dei progetti sviluppati per gli studenti e le imprese coinvolte (oltre ai dati puntuali di partecipazione). Non capire solo se il prototipo abbia avuto un prosieguo, quello potrebbe essere un primo esito, ma soprattutto se, lato studenti, la partecipazione è stata significativa, se si è aperta una possibilità anche occupazionale, sebbene non sia l’obiettivo primario di Upskill. Per le imprese, sarebbe interessante valutare la crescita culturale interna, come questa occasione abbia aperto relazioni che prima non c’erano. Si tratta di elementi non immediatamente tangibili.

Quando parliamo di ITS sottolineiamo che la formazione tecnica superiore è presente anche in altri paesi europei. Le fondazioni di origine bancaria nascono in Italia con la riforma del sistema del credito ma il tema della sussidiarietà esiste nel resto del mondo. Ci sono ispirazioni che attingete da altri contesti?

Uno dei compiti del nostro ufficio Sviluppo è guardare anche a cosa stanno facendo altri soggetti simili, in primis nel territorio nazionale. Realizziamo anche programmi di partnership, fattore che ci aiuta a tenere viva una relazione di maggior approfondimento su alcuni temi.

Guardiamo anche al panorama internazionale, alle buone pratiche con l’impegno poi di doverle calare nel nostro contesto territoriale.

Un tema di approfondimento, già inserito nel nostro Documento di Programmazione 2024, è quello che guarda alla capacità attrattiva dei nostri territori per le giovani generazioni. Ecco, ci piacerebbe capire, anche guardando ad altri contesti nazionali o internazionali, cosa funziona in termini di attrattività dei giovani talenti in senso ampio, e quali sono i driver di maggior efficacia.

Una Fondazione di origine bancaria è poi per sua natura fortemente radicata al territorio di riferimento, un nostro compito è anche quello di mantenere aperto il dialogo con tutti i soggetti che possono contribuire a sviluppare il territorio nelle sue declinazioni. Stiamo ideando un altro format, una Summer School, un progetto un po’ particolare che in qualche modo dialogherà con il tema dei territori attrattivi per le giovani generazioni, ovviamente con un focus sulla Macroregione Triveneto-Adriatica. Un’azione un po’ originale, che nasce dal dialogo sempre fruttuoso che abbiamo con Upskill e che porterà sicuramente a un ulteriore sguardo approfondito sui nostri territori.

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