New Job, il nuovo progetto del gruppo editoriale Athesis affronterà il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro qualificato nel sistema produttivo e imprenditoriale lombardo-veneto e italiano. Un paradosso questo, considerata la grande richiesta di personale, la scarsità di offerta di lavoro e allo stesso tempo l’elevato tasso di disoccupazione. L’iniziativa è stata presentata a Verona e TuttoITS ha creato 4 focus per i suoi lettori. Di seguito, sulla base di una selezione, presenteremo analisi e sintesi dei numerosi interventi che si sono susseguiti sul palco in riva all’Adige.
La via: formazione, competenze e interventi sociali per i giovani
Il ministro del lavoro Andrea Orlando, intervistato dal direttore del giornale L’Arena Massimo Mamoli, ha evidenziato come la formazione e l’adeguare le competenze sarà un pezzo del percorso del futuro per allineare domanda e offerta di lavoro qualificato. Oltre all’impatto della curva demografica, anche il livello dei salari e la ricerca di una più alta qualità di vita spingono le dimissioni volontarie. Un aspetto, questo, che fa parte della riflessione post pandemia e del conseguente e naturale desiderio di ricerca di una qualità di vita migliore.
Ci si è chiesto infine: se si investirà sulle competenze, sulla formazione e sul capitale umano, le attuali tipologie contrattuali saranno ancora adeguate?
I neet, problema sociale prima che economico
Un fenomeno che in Italia preoccupa molto è quello dei neet (not in employment, education or training). Si tratta di giovani della fascia 15-34 anni che non studiano e lavorano. In Italia alla fine del 2020 erano 3 milioni (fonte Neet Working, il piano di emersione e orientamento giovani inattivi realizzato dal ministero per le Politiche giovanili in collaborazione col ministero del Lavoro). Un’emergenza che vede l’Italia al quarto posto in Europa dopo Turchia (33,6%), Montenegro (28,6%) e Macedonia (27,6%). Anche considerando che in Italia nella cifra dei neet pesa il lavoro sommerso, per Orlando è necessario creare il massimo potenziamento di tutte le forme di accesso al lavoro.
Per esempio si sta ragionando su come rendere funzionali – e non oggetto di abusi – i tirocini e le forme di apprendistato. Inoltre si stanno provando a creare percorsi guidati dentro le agenzie e i centri per l’impiego (su questi sono previsti finanziamenti).
Smart working: come cambierà il lavoro?
“Lo smart working non sarà usato quanto durante la pandemia, ma certamente molto più di prima“, dice il ministro Orlando. “Quel che è certo è che la sperimentazione dello smart working cambierà anche i modelli organizzativi di molte imprese. Soprattutto delle più grandi, del terziario e dei servizi, più che del manifatturiero. Si tratta di un dato che caratterizzerà l’organizzazione del lavoro in futuro”.
Invece di una legge si è fatto un accordo tra le parti sociali, che guiderà la contrattazione nei prossimi mesi, il quale affronta questioni come il diritto alla disconnessione, la sicurezza – anche dei dati utilizzati per lo smart working – e l’orario di lavoro.
Gli altri percorsi di studio non professionalizzanti
La domanda di una studentessa universitaria sulle possibilità di lavoro dei percorsi universitari di tipo filosofico ha trovato risposta con l’assessore al lavoro e istruzione del Veneto, Elena Donazzan: “gli studi di grandi professionisti internazionali selezionano il management che deve accompagnare le trasformazioni tra i laureati in filosofia”. Certamente si deve pensare che la nostra grande cultura classica vada resa più contemporanea possibile. Questi percorsi di studio, senza essere snaturati, devono guardare alle altre competenze che servono per renderli operativi. Come? “Facendo alternanza scuola-lavoro: l’ho portata dentro al Tribunale, negli studi legali, nelle biblioteche e nelle accademie. È uno strumento che non deve valere solo per l’istruzione professionale e tecnica”.
Un punto che trova d’accordo l’assessore all’istruzione e lavoro della Lombardia Melania De Nichilo Rizzoli, che nella sua Regione ha introdotto i voucher formativi per le aziende da spendere per la formazione dei lavoratori.