Proseguiamo il viaggio nella filiera professionale italiana con la terza parte della nostra analisi: le sfide del futuro del lavoro e della formazione in Italia. (Qui potete trovare la prima e la seconda parte).
Analizziamo le necessità del mercato del lavoro affinché il sistema domanda-offerta possa raggiungere un sano equilibrio, soddisfare le imprese e dare lavoro ai giovani per colmare la voragine della disoccupazione. Nell’attuale contesto globale l’innovazione è dirompente a livello tecnologico, sociale ed economico, gli scenari cambiano rapidamente e di continuo. Vediamo cosa ci aspetta secondo autorevoli previsioni e studi a medio termine.
Lavoro e futuro in Italia
La richiesta di profili professionali qualificati è in crescita e le imprese faticano a trovare persone formate. Se analizziamo l’indagine Excelsior per aprile 2022 di Union Camere, nonostante le incertezze e i timori per l’andamento della crescita economica, l’industria ricerca circa 103mila lavoratori da inserire in azienda. A livello settoriale le imprese delle costruzioni prevedono 34mila entrate, seguite poi dalle industrie della meccatronica con 18mila unità, dalla metallurgia e prodotti in metallo con 14mila unità e dalle industrie alimentari con 9mila. Sono invece 265mila le opportunità di lavoro offerte dalle imprese dei servizi, di cui 78mila nel settore turistico, 45mila in quello dei servizi alle persone e 46mila nel commercio.
Il dato allarmante riguarda però la mancanza dei profili professionali richiesti. Ad aprile 2022, sempre secondo l’indagine Excelsior di Union Camere, si registra la crescita della difficoltà di reperimento delle figure cercate. Non si trova il 40,4% dei profili, in aumento dell’8,3% rispetto ad aprile 2021.
La richiesta di alte qualifiche
Le analisi evidenziano la crescita della domanda di personale altamente qualificato, fino a sfiorare la metà del totale nei prossimi 3 anni. Secondo la Commissione europea entro il 2025 il 48,7% di tutte le posizioni lavorative aperte in Europa richiederanno alte qualifiche. Il 39,8% dell’offerta di lavoro sarà rivolta a chi possiede medie qualifiche e solo l’11,5% a chi le ha basse o non le ha (Alessandro Mele, vicepresidente ITS Italy, in Discussion Paper n.3, Unimi 2040).
Inoltre, se analizziamo le previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2021-2025) di Union Camere – Anpal- Excelsior, si nota l’innalzamento delle richieste delle figure tecniche e specialistiche. Un dato che porterà con sé una richiesta assai più significativa, rispetto al recente passato, di figure con formazione terziaria e diplomati. Tra il 2021 e il 2025 il mercato del lavoro italiano potrebbe aver bisogno di 1,1-1,2 milioni di laureati e 1,3-1,4 milioni di diplomati, corrispondenti nel complesso ai due terzi del fabbisogno occupazionale del quinquennio. Ci sarà inoltre la necessità di oltre un milione di lavoratori con qualifica professionale.
Numeri difficili da raggiungere con l’offerta di lavoro attuale se ci riferiamo alla sopracitata difficoltà di reperimento delle figure professionali richieste che, come detto, sono al 40,4% ad aprile 2022.
Quali settori e competenze per il futuro del lavoro
L’eco-sostenibilità e la digitalizzazione, già tra i principali driver del mercato del lavoro, nei prossimi anni assumeranno un peso ancora più rilevante. Questo in seguito all’impulso degli investimenti europei volti alle transizioni green e digitale. Secondo Union Camere-Anpal-Excelsior, si stima che tra il 2021 e il 2025 le imprese e il comparto pubblico richiederanno il possesso di competenze su risparmio energetico e sostenibilità ambientale a 2,2-2,4 milioni di occupati. Per il 60% dei lavoratori tale qualifica sarà altamente necessaria.
Le competenze più richieste saranno quelle cognitive complesse, come l’attitudine al problem solving, soft skill – come comunicazione e pianificazione -, competenze digitali e capacità di lavorare in team. Secondo lo studio di Alessandro Mele, le competenze più richieste saranno quelle dell’imprenditorialità, con una crescita attesa del 30% entro il 2030, e della digitalizzazione.
Purtroppo, come detto, aumenta il disallineamento delle competenze presenti rispetto alle necessità del mercato. Il dato italiano in questo caso rispecchia quello europeo: quattro aziende su dieci hanno difficoltà a trovare figure professionali con le giuste competenze.
Le sfide del futuro ci attendono: demografia, tecnologia, formazione
La sfida demografica riguarda l’invecchiamento della popolazione attualmente in atto. Una situazione che colpisce la crescita economica e aumenta il bisogno di produttività e di competenze professionali più alte e aggiornate. La previsione è quindi quella di proseguire il lavoro fino a 70 anni e oltre, di un pensionamento “attivo” e di formazione e apprendimento continui, anche perché legati a cambi di lavoro frequenti.
La sfida tecnologica riguarda la crescente sostituzione del lavoro umano manuale da parte delle macchine. Servono qui competenze sempre più complesse per essere in grado di guidare l’innovazione tecnologica. Basti pensare che “il 65% dei bambini che oggi ha iniziato la scuola primaria farà lavori che al momento non esistono” (A. Mele, “World economic Forum”, 2016).
La sfida dell’apprendimento e della formazione ha necessariamente a che fare con la rivoluzione tecnologica in atto. L’essere umano infatti crea la tecnologia, ma è poi questa che permea l’uomo, rivoluziona schemi di pensiero e approcci alla realtà del lavoro e della vita. Accanto all’insegnamento scolastico consueto dell’arte, della letteratura e delle altre materie – sempre necessarie – si vede la necessità di introdurre i ragazzi alla complessa realtà tecnologica, perché possano governarla e non esserne governati (soprattutto perché siano difficilmente sostituibili dai robot).
Anche l’approccio didattico è in fase di cambiamento: si vede una maggior centralità dello studente più che del docente e una personalizzazione della formazione e dello sviluppo di competenze. Il momento storico vede la tecnologia trasferire i contenuti ai ragazzi, e a tutti noi, in modo più pervasivo dell’educazione. L’educazione deve ora sempre più fare i conti con l’esperienza, con la pratica, per imparare da essa e arrivare alla conoscenza. “Un’educazione della ragione che parte dal rapporto con la realtà – scrive Alessandro Mele. Un approccio tuttavia non addestrativo, bensì il lavoro come opera, come capacità di creare bellezza, quella bellezza che ha creato le piazze più belle del mondo, le auto più amate, i vestiti più desiderati”.
Gli ITS come risposta alle sfide del futuro?
Gli ITS, con la loro flessibilità, l’aspetto laboratoriale e pratico e la forte connessione con il mondo delle imprese, bene interpretano le trasformazioni del mondo del lavoro.
“Se bene sviluppati – afferma Mele -, possono diventare il traino del cambiamento del sistema educativo nel suo complesso”. Certamente la formazione degli ITS potrà, e dovrà, aiutare i ragazzi a sviluppare personalità creative e pronte alle sfide presenti e prossime dell’innovazione e della tecnologia. Passerà anche da qui la strada per colmare l’alta disoccupazione giovanile, ma non solo, e la richiesta di profili professionali innovativi e qualificati da parte del mondo del lavoro.