Il futuro degli ITS spiegato da Roberto Sella

ITS Energy & Digital Process Specialist, nuove vie all’orientamento e un wall tutto da scoprire

A un anno dal lancio, Roberto Sella, direttore dell'Istituto Angelo Rizzoli, racconta le peculiarità del corso ma anche le tante sfide che il sistema ITS può e deve ancora affrontare

Nel 2023, era stato lanciato il percorso ITS Energy & Digital Process Specialist per formare tecnici superiori specializzati in soluzioni applicative smart & green, a supporto della transizione energetica e digitale nelle imprese italiane. Un corso realizzato in co-progettazione da ITS Academy Angelo Rizzoli, Schneider Electric e partner che evidenziava una logica di filiera molto forte, non solo perché le aziende erano coinvolte in modo sostanziale nella formazione degli studenti per oltre il 40% della didattica, ma anche perché i profili in uscita erano concepiti flessibilmente per inserirsi in ogni “anello” della filiera, “dai produttori di tecnologie per l’industria e l’energia alle realtà della distribuzione, dai costruttori di macchine industriali agli sviluppatori e system integrator” come fu spiegato al tempo del lancio (la presentazione si era svolta presso la sede di Schneider Electric a Stezzano, in provincia di Bergamo).

La scorso settembre con l’evento We are EDP è stato celebrato il primo compleanno del corso, è stato annunciato l’avvio del biennio 2024-2025 ed è stato presentato il “Technological wall” che costituito da 5 moduli (gestione e controllo dell’energia, automazione di processo, Scada di processo, azionamenti elettronici per motori elettrici, movimentazioni di precisione e robotica), consentirà agli studenti di riprodurre un tipico processo produttivo industriale, industriale effettuando sperimentazioni su una vasta gamma di tecnologie.

Per comprendere meglio le potenzialità del Wall, ma anche per discutere a tutto tondo dei temi del mondo della formazione terziaria superiore, TuttoITS ha intervistato Roberto Sella, attualmente direttore di ITS Angelo Rizzoli e coordinatore della Rete ITS Lombardia.

Sella, la seconda edizione del corso ITS Energy & Digital Process Specialist ha raggiunto i suoi obiettivi sul fronte iscrizioni. L’impianto del corso è stato confermato ma quali sono gli aggiornamenti e soprattutto come nascono, per quali esigenze?

Intanto è un corso di filiera, quindi non è un corso che risponde a una sola impresa. Le imprese ci hanno richiesto due curvature in uscita, un profilo più tecnico e un profilo più commerciale. Un’altra peculiarità di questo corso è che l’abbiamo pensato in apprendistato di terzo livello, quindi i ragazzi fanno un primo anno di ITS con uno stage finale dove incontrano le imprese e poi vengono assunti all’inizio del secondo anno in apprendistato di terzo livello di alta formazione e in questa modalità svolgono il secondo anno. Sulla seconda edizione abbiamo raccolto alcune sfide tecnologiche e quindi abbiamo potenziato la parte energetica e alcune competenze trasversali. L’impianto è rimasto sostanzialmente lo stesso, ma qualche modifica l’abbiamo fatta anche per tener conto, ad esempio, dell’impatto dell’intelligenza artificiale che sta modificando evidentemente alcuni processi produttivi.

Come da annunci, i contenuti tecnico-specialistici sono stati razionalizzati e resi facilmente riconoscibili dagli studenti ma in che modo?

Per i ragazzi non è facile, quando seguono un percorso di questo tipo, fare sintesi di tutto quello che gli viene raccontato e capire qual è l’utilità che avrà ai fini dell’inserimento in azienda. Si è cercato anche di renderli i contenuti tecno specialistici più intellegibili e, soprattutto nei momenti dei project worker, di far capire quali sono gli agganci di tutte le varie tecnologie e degli strumenti che imparano a utilizzare, quale è la ricaduta che avranno effettivamente nel momento in cui verranno inseriti nell’impresa.

Cosa sarà possibile fare grazie al Wall?

Il Wall è un’insieme di tecnologie, quelle ovviamente più significative per il corso, e di attrezzature. Ciascun modulo può essere utilizzato per fare simulazioni, per fare lezioni oppure per un utilizzo in modalità integrata. Si tratta di alcuni componenti hardware con relativo software che possono essere utilizzati indipendentemente, oppure si può decidere di fare delle unità didattiche che prevedono l’utilizzo di alcuni di questi moduli in connessione. Combinando tutti e 5 i moduli di fatto riesco a simulare un processo intero di produzione di energia. Questo ci permette di fare una didattica per gradi e quindi di insegnare a utilizzare ogni ambito di questi cinque moduli uno per volta, poi di iniziare a combinarli tra di loro fino a arrivare, alla fine, a chiedere ai ragazzi anche di simulare un processo produttivo usando tutti e 5 i moduli.

Le tecnologie del wall possono essere connesse anche con isole robotiche o con robot collaborativi?

Esatto, lo abbiamo già immaginato by design perché possa essere connesso e integrato anche ad altre attrezzature esterne che potranno essere integrate in un futuro oppure, come nel caso dei robot collaborativi, essere portate in Aula e connesse al Wall.

Quali sono i gli allievi che si candidano a questo tipo di corso, quali background hanno?

L’utenza è molto eterogenea, sia dal punto di vista territoriale, in quanto abbiamo molti allievi che vengono anche da altre regioni, in particolare Piemonte, Sardegna, Puglia, ma anche dal punto di vista della provenienza delle scuole secondarie. Tipicamente i ragazzi che si affacciano a un percorso di questo tipo hanno fatto un istituto tecnico/informatico o meccatronico ed energia.

Questo è il bacino elettivo, perché di fatto si tratta di un percorso di digitalizzazione del processo energetico e quindi è un percorso di ICT applicata all’OT, di informatica industriale applicata ai processi di automazione e di gestione, produzione, trasporto e gestione dell’energia. Abbiamo scoperto che spesso tanti ragazzi che arrivano da indirizzi molto diversi, poi decidono – se si innamorano della tecnologia – di buttarsi in un corso di questo tipo. Non nascondo che ovviamente anche il brand dell’azienda attira molto e in fase di orientamento le aziende ci hanno aiutato molto, anche sui territori, a raccontare, ad offrire questa opportunità ai ragazzi che l’hanno raccolta anche spesso proprio per l’idea di andare a lavorare in aziende di questo tipo. Abbiamo cercato di fare un orientamento un po’ diverso dal solito, non siamo andati a raccontare il corso, quanto a dire ai ragazzi “vi facciamo vedere le aziende a cui andrete a lavorare, che tipo di professionisti potreste diventare“, dopo vi spieghiamo il corso per arrivare a quell’obiettivo. E questo modello di ingaggio ha funzionato molto bene.

Potrebbe essere una chiave più generale? Va cambiato il modello in cui vengono raccontati i corsi, magari andando prima a parlare delle aziende, delle figure, poi magari della didattica?

Assolutamente sì, dobbiamo iniziare a fare un orientamento per competenze. Un orientamento che fa incontrare i ragazzi con il mondo del lavoro e li fa innamorare della professione che poi potrebbero fare. Il corso è un mezzo per per arrivare a quel fine. Questo permette anche di fare un orientamento più consapevole, è difficile a parole spiegare a un ragazzo che cosa farà una volta fatto questo percorso. Bisogna farglielo vedere, fargli incontrare l’azienda. Questo secondo me è vincente. E questo vale a maggior ragione sul 4+2. Stiamo insistendo molto, almeno in Lombardia, sul fatto che gli ITS devono andare a fare nelle scuole, già nei quattro anni di secondaria, un orientamento per competenze. Dobbiamo rivedere completamente il modo in cui noi andiamo a fare orientamento.

Ha operato nel campo dell’istruzione secondaria e poi solo dopo è passato al segmento terziario. Come va valorizzata al meglio la sinergia tra i due rami? La riforma 4+2 è stata capita del tutto?

La riforma è partita con numeri piccoli, noi siamo molto fiduciosi che possa portare a dei risultati. Benché sulla carta avrebbe dovuto formarsi un raccordo forte, questo in realtà non è mai nato, se non in qualche caso sporadico dove magari l’ITS è già strutturalmente all’interno di una istituzione che già fa a scuola. E col 4+2 noi abbiamo visto che effettivamente, dove gli ITS hanno iniziato a lavorare con le scuole, i rapporti sono cambiati. Lo vedo anche personalmente. Noi lavoriamo in due filiere, con l’Istituto Tecnico Marconi di Dalmine e con l’Istituto Martino Bassi di Seregno, da quando abbiamo iniziato a lavorare con il 4+2 il rapporto è cambiato radicalmente. Ci vedono come un interlocutore con cui ci si siede e si progetta, si riprogetta il quadriennio, traguardando quello che poi sarà il profilo in uscita dopo il biennio ITS. Stiamo facendo una coprogettazione di tutti i sei anni 4+2 per avere un curriculum verticale integrato, un raccordo vero. Addirittura stiamo immaginando di fare le selezioni dei ragazzi in itinere già durante i quattro anni. Adesso con i docenti c’è un rapporto vero, ci cercano, stiamo facendo incontri, stiamo progettando insieme l’orientamento. Sono molto contento del rapporto che abbiamo instaurato. Poi per contaminazione stiamo rivedendo anche il lavoro sui percorsi ordinari quinquennali.

Ha senso andare a recuperare il capitale umano in uscita anticipata dall’accademia o l’ITS deve essere una scelta di vocazione? Le posizioni su questo tema differiscono, lo stesso ministro Valditara sostiene che non devono rappresentare una seconda scelta rispetto all’Università.

Non possiamo portare in ITS ragazzi che lo vedono come un ripiego. Questo è vero, però è anche vero che oggi i ragazzi conoscono pochissimo l’ITS, non ne conoscono l’opportunità e quindi c’è una grande fetta di studenti che sbaglia l’orientamento e va a fare l’università perché non conosce l’ITS. Se invece sono correttamente orientati potrebbero essere ragazzi adatti, perfetti per gli istituti tecnologici superiori. Nel medio lungo periodo, quando l’ITS sarà veramente noto e conosciuto come un’opportunità reale, allora si potrà essere d’accordo col Ministro, oggi però dobbiamo anche tener conto di questo elemento. Non è che stiamo andando a prendere delle seconde scelte, stiamo andando a intercettare ragazzi che hanno sbagliato orientamento e che poi spesso rinunciano all’università perché non è proprio la loro vocazione, non si sentono nel loro posto e poi magari rischiano di tramutarsi in Neet.

Dopodiché questa alleanza con l’università secondo me però va fatta in modo completamente diverso. A Bergamo ci stiamo provando con l’università in modo molto nitido e chiaro. Intanto è un ragionamento territoriale, sulla risposta che vogliamo dare alle specifiche esigenze di quel territorio. Dopodiché, ciascuno con la propria specificità, stiamo cercando di costruire un modello che non lasci indietro nessuno e che cerchi di mantenere i ragazzi dentro un sistema terziario riorientandoli da ITS a università o viceversa con l’obiettivo di aumentare il livello di titolo di studio terziario. Noi siamo al terzo ultimo posto in Europa da questo punto di vista. E la provincia di Bergamo, pur avendo un tasso di disoccupazione bassissimo, è una di quelle che non ha risultati brillantissimi dal punto di vista della percentuale dei diplomati terziari. Questo è un problema. Oggi non è sostenibile. Non possiamo sostenere le transizioni (digitale ed energetica) se non riusciamo anche ad aumentare il numero di laureati diplomati terziari in generale.

Qualche decennio fa anche chi non aveva una formazione terziaria si inseriva nel sistema manifatturiero. Non è più pensabile di lavorare subito, se le stesse aziende cambiano per via delle transizioni?

La demografia lavora contro di noi perché è chiaro che ci sono sempre meno giovani, ci sono sempre meno tecnici qualificati. Le aziende tendono sempre di più ad assumere ragazzi, anche con un titolo secondario, pur di avere giovani ingressi in azienda. Questo però è deleterio nel medio lungo termine, perché se non riusciamo a fare ottenere a questi ragazzi una qualificazione più alta, non riusciremo mai ad essere competitivi rispetto alle transizioni.

Copre il ruolo di coordinatore della rete ITS Lombardia. Abbiamo parlato di cambiamento della didattica, di cambiamento dell’orientamento. Sono sensibilità che sente nella rete trasversalmente?

La Rete Lombardia è una rete grande, siamo 27 fondazioni molto diverse. Ci sono fondazioni molto più grandi, fondazioni ancora piccole che stanno cercando di strutturarsi. Le grandi hanno una struttura tale che permette di iniziare a fare ragionamenti di più lungo respiro, di ragionare sulla qualità della didattica e sulla metodologia didattica, sull’innovazione e anche su quei fronti che stiamo presidiando poco e che come sistema ITS dobbiamo aggredire.

Di quali fronti parliamo?

Il sistema della formazione continua, l’internazionalizzazione e quindi l’attrazione di giovani anche dall’estero con l’apertura di corsi all’estero o con l’apertura di corsi in Italia per studenti esteri. Dobbiamo diventare degli hub formativi a 360 °. Abbiamo un’altra serie di attività che fanno parte della nostra mission, che oggi ancora non riusciamo a presidiare perché siamo giovani ma che ci stiamo ponendo come tema. Quindi, per esempio, la formazione continua è un tema. Non possiamo pensare solo di immettere nuovi giovani nelle aziende. L’azienda che vuole affrontare la sfida delle transizioni deve anche pensare di riqualificare il personale che ha già e noi come ITS siamo sicuramente un interlocutore privilegiato con le imprese che già lavorano con noi, che sono nostri soci. Altri temi a latere, se vogliamo, ma che comunque fanno parte di questa nostra mission, così come la ricerca applicata. Non facciamo ricerca pura, quella non è il nostro campo, ma la ricerca applicata con le imprese sicuramente è uno degli ambiti su cui possiamo lavorare.

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Maria Rosaria Iovinella
Giornalista professionista| Milan-based since 2008
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