ITS e mondo accademico

In Italia pochi diplomati terziari, ecco perché università e ITS hanno qualcosa da dirsi

Le prospettive di collaborazione raccontate in un convegno a Bergamo con i diversi attori dell'ecosistema per ribadire che il vero tema è orientare correttamente e far crescere le alte competenze

Quando si parla della relazione tra ITS e Università la domanda è: come possono collaborare virtuosamente?

Ma forse il tema è: perché dovrebbero farlo?

La risposta viene, nemmeno tanto indirettamente, dai dati sui diplomati di livello terziario. Nel 2023, la quota di giovani in possesso di un titolo di studio terziario, nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni, nel nostro Paese era pari al 30,6%. Un dato molto più basso rispetto alla media continentale del 43% e che ci vede in coda assieme a paesi come Romania e Ungheria. Meno formazione, meno competenze “raffinate” da portare nel sistema, in diversi casi prospettive di carriera e stipendio più limitate. Ecco quindi palesarsi uno dei motivi del mismatch tra la formazione e le richieste delle aziende che spesso lamentano una difficoltà di reperimento delle competenze di cui hanno bisogno, tanto più in una stagione dove sono costrette a evolvere in virtù dell’accelerazione tecnologica e di nuovi modelli di lavoro e di produzione.

Sarà quindi la comune mission di innalzare i numeri dell’istruzione terziaria italiana a far incontrare su un terreno di sintesi Università e ITS? Una risposta positiva in tal senso sembra arrivare da Bergamo, dove il tredici novembre era di scena il convegno Università e ITS Academy: sinergie e prospettive di collaborazione, presso la Sala Galeotti dell’Università degli studi.

L’evento, patrocinato dalla Conferenza dei Rettori Università Italiane (CRUI), era declinato in tre macrotemi: “Nuovi scenari della formazione tecnologica superiore: il ruolo dell’università e degli ITS”; “La ricerca sull’impatto socio-economico della formazione tecnologica superiore”; “Pratiche ed esperienze di collaborazione nella filiera bergamasca della formazione tecnologica superiore”.

Temi di rilevanza nazionale ma osservati attraverso il punto di vista local, anche perché particolarmente “privilegiato”: il contesto locale vede l’esistenza, dal 1968, di un ateneo che attualmente esprime tra l’altro, nella persona del rettore Sergio Cavalieri, il delegato agli ITS presso la Crui; la presenza di una diversificata offerta di formazione tecnologica superiore (con ben dieci fondazioni sul territorio provinciale); una manifattura che primeggia tra i territori a livello nazionale ed europeo: in base agli occupati è, rispettivamente, quinta e undicesima; in base al valore aggiunto è quarta e diciassettesima (fonte: Confindustria Bergamo, Relazione dell’attività 2023).

Ma a quanto pare, nemmeno i bergamaschi sono molto sedotti dalla formazione terziaria superiore: nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni, solo uno su quattro consegue un diploma di studi di livello terziario (laurea triennale o ITS Academy). Una media anche più bassa di quella italiana. A fronte dei buoni numeri dell’occupazione, potrebbe rappresentare un problema relativo, ma non è così, almeno a giudicare dai toni dei rappresentanti del mondo confindustriale locale presenti all’evento.

Sinergia e collaborazione, quindi, per alzare il livello delle competenze, scommettendo sulla grande differenza originaria tra i due rami. No all’antagonismo, sì alla valorizzazione delle differenze per superare il mismatch, perché sono i profili richiesti dalle aziende a essere diversi e complementari. Da qui l’invito, del rettore Cavalieri “a sfruttare sinergie, evitare ridondanze, mettere a fattore comune i laboratori” e la costruzione di una giornata, quella dell’evento, “per ragionare su esperienze, non parlerei di best practices ma di esperienze che vanno contestualizzate in specifico ambito territoriale. A livello di Crui stiamo lavorando per far si che questo modello divento nazionale”.

Ma quale sarebbe il modello per una declinazione possibile della collaborazione Università – ITS Academy? Sei i criteri guida, a monte: leale collaborazione e trasparenza; formalizzazione della partnership; serietà formativa dei percorsi proposti; distinzione di profili e obiettivi formativi; riconoscimento e valorizzazione delle differenze; dialogo e confronto continuo. E poi collaborazioni attraverso la declinazione dei patti federativi per fare, concretamente, co-progettazione didattica, condivisione di risorse e laboratori, attività di ricerca, borse di studio e dottorato, riconoscimento Cfu e orientamento (in ingresso, in itinere, in uscita).

Come dimostrato dalla terza sessione, dedicata a Pratiche ed esperienze di collaborazione nella filiera bergamasca della formazione tecnologica superiore, alcune prassi tra ITS del territorio e referenti di UniBg hanno già espresso un qualche potenziale, mentre in altri casi è in corso perlopiù un’interlocuzione conoscitiva per arrivare a peculiari obiettivi.

Si parla di collaborazioni su tesi e tirocini, di accoglimento di tirocinanti nei lab accademici per peculiari esigenze; di cross fertilization; di coinvolgimenti dei ricercatori come tutor tecnologici laddove agli studenti ITS serva un approccio più scientifico alla risoluzione di problemi e quesiti delle imprese; di orientamento per lavorare su attitudini e aspirazioni; di lavori di team laddove possibile; di confronti sulle figure in uscita in relazione alle richieste del mercato.

Ma il “libro dei sogni”, secondo una definizione utilizzata da Roberto Sella, direttore della fondazione ITS Rizzoli e coordinatore della rete ITS Lombarda, è tutto sommato infinito e annovera anche “riconoscimento di microcredenziali e certificazioni industriali, lavoro “sull’orientamento con sistemi predittivi che consentono di intervenire molto in anticipo per capire quali saranno le difficoltà”. Ma poi spazio anche alla concretezza in quanto ai sogni potrebbero subentrare delle “perplessità” tali però da rendere più facile il riconoscimento dei limiti di movimento di ognuno.

Molte indicazioni sulla qualità della sinergia emergeranno solo con il tempo e con la “messa a terra”, come ormai si suole dire, delle visioni. Una certezza, ribadita però lungo tutta la giornata, è che “il rapporto sia sempre da giocare “nella differenza degli obiettivi” e, come ricordato dall’accademico Matteo Turri di UniMi, presente all’evento, che le passerelle vadano valorizzate non tanto per agire i passaggi ma per aumentare l’attrattività del segmento tecnologico superiore e “per evitare fenomeni di disgregazione pericolosi che vanno a denotare culturalmente il segmento”.

A ognuno il suo nella certezza che, tra inverno demografico, disruption tecnologica, flussi migratori e incertezze geopolitiche, rivoluzioni antropologiche, la sfida dei sistemi di higher education è davvero titanica posto anche che gli obiettivi della formazione rispetto al passato sembrano cambiati. Il terreno attuale, inesplorato e nuovo, è davvero complesso e forse conviene a tutti rispolverare il famoso detto Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano va insieme.

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Maria Rosaria Iovinella
Giornalista professionista| Milan-based since 2008
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