Proseguiamo il viaggio nella filiera professionale italiana con la seconda parte della nostra analisi, quella relativa alla quasi-assenza della formazione terziaria professionalizzante in Italia rispetto all’Unione europea (Ue). (Qui potete trovare la prima parte, dedicata all’arrestarsi di fatto dei percorsi professionalizzanti alle scuole superiori.)
Va ricordato anzitutto che l’Italia purtroppo sconta il divario tra la domanda di lavoratori qualificati e l’offerta presente, con la difficoltà a reperire e inserire migliaia di posizioni ricercate per l’industria.
Se analizziamo le cause di questa situazione e andiamo a vedere i dati relativi ai livelli di istruzione e partecipazione alla formazione per il 2020, notiamo la crescita del divario dell’Italia rispetto alla media dell’Unione europea. Ciò significa che l’Italia può contare su un minore numero di diplomati e laureati, come spiega il report Istat pubblicato ad ottobre 2021. Se i nostri ragazzi 30-34enni con un titolo terziario sono al 27,8%, la media europea si attesta invece sul 41%. È quindi comprensibile come il capitale umano qualificato italiano sia al di sotto della media europea, un dato che preoccupa per le duplici conseguenze negative sull’occupazione. Se da un lato, infatti, le imprese faticano a reperire le figure professionali richieste, il tasso di disoccupazione giovanile non ne beneficia.
Il basso numero di laureati e giovani con titolo terziario nella filiera professionale
Certamente, evidenzia sempre il report Istat, la bassa quota di giovani con un titolo terziario è dovuta anche alla limitata disponibilità di corsi terziari di ciclo breve come gli ITS. In ogni caso, affinché il circolo virtuoso della formazione professionalizzante si sviluppi bene, è necessario aumentare il numero dei laureati e dei diplomati, oltre che dei diplomati ITS.
Spiega Andrea Gavosto nei Discussion Papers n.3 (Unimi 2040, L’assenza di un canale di formazione terziaria professionalizzante in Italia: come porvi rimedio?): “il principale insuccesso del sistema universitario italiano è rappresentato dal basso numero di laureati fra i giovani”.
Le ragioni del ritardo italiano riguardano alcuni aspetti del percorso universitario “come il basso numero di immatricolazioni, l’elevato tasso di abbandono durante gli studi: uno dei motivi principali risiede nell’assenza in Italia di una formazione di istruzione superiore professionalizzante”. Scopriamo perché:
Le conseguenze della scarsità del segmento terziario degli ITS
L’assenza in Italia di un significativo segmento della formazione terziaria – oltre a limitare il numero complessivo dei laureati in riferimento ai dati europei – non facilita il proseguimento degli studi a chi è disinteressato verso lo studio accademico (e che quindi preferisce sviluppare competenze pratiche).
L’analisi di Gavosto evidenzia come siano soprattutto i giovani diplomati negli istituti tecnici e professionali a non iscriversi alla formazione terziaria. Inoltre, anche tra gli studenti universitari il tasso di abbandono tra il 1° e il 2° anno è molto elevato. La stessa cosa accade tra gli studenti ITS. Secondo i dati riportati da Gavosto, solo il 79% dei 5.345 iscritti due anni prima si è diplomato nel 2019. Inoltre, la percentuale cala molto al Sud, toccando la quota del 46% di diplomati in Sicilia. Tutto ciò comporta evidenti conseguenze negative per lo sviluppo economico e sociale italiano. La prima tra queste è il noto divario tra l’offerta e la domanda di lavoro a sfavore della seconda, dove le industrie faticano a trovare il personale qualificato da inserire.
Rendere più competitiva l’offerta formativa terziaria
“Il tasso di disoccupazione giovanile nazionale, accanto alla carenza cronica di tecnici specializzati, – evidenzia Alessandro Mele, vicepresidente di ITS Italy (nei Discussion Papers, Unimi 2040 sopra citati) – grida necessità di crescita dell’offerta terziaria professionalizzante”.
Per fare ciò è necessario rendere più competitiva l’offerta formativa anche rispetto alle università straniere, che attirano un numero sempre crescente di giovani diplomati italiani. Il nostro tempo, caratterizzato dalla crescita esponenziale della tecnologia (“exponential era”), richiede di rimanere al passo con la formazione di profili professionali ad alta qualificazione tecnologica e di soft skill adeguate alle richieste di competenze delle imprese. Come abbiamo visto, per creare un circolo virtuoso nella formazione professionalizzante, è necessario aumentare il numero dei diplomati e dei giovani nei percorsi terziari che arrivino alla conclusione degli studi, come richiesto dagli obiettivi di Europa 2020. La strategia proposta dalla Commissione europea è promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
Nella terza parte dell’analisi sulla filiera professionale in Italia affrontiamo le sfide del futuro, del lavoro e della formazione. Qui analizziamo le necessità del mercato del lavoro tecnico superiore, perché il sistema domanda-offerta possa raggiungere un sano equilibrio, soddisfare le imprese e dare lavoro ai giovani per colmare la voragine della disoccupazione.