Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha dimostrato di poter di incidere in modo profondo sul mercato del lavoro, modificando la natura di molte professioni grazie all’adozione di algoritmi e sistemi automatizzati in grado di svolgere mansioni ripetitive e aprendo nuovi sbocchi professionali. Si va così dal marketing all’amministrazione, dal commercio al diritto e, secondo un’analisi approfondita realizzata da LiveCareer, circa 4,75 milioni di lavoratori in Italia risultano esposti al rischio di sostituzione da parte dell’AI.
Le professioni più esposte all’automazione
Alcune categorie di lavoratori, anche in possesso di una laurea, sono più vulnerabili a causa della natura delle loro mansioni, che possono essere replicate da macchine e software con efficienza maggiore e minor rischio di errore.
Secondo l’analisi, tra i lavori più a rischio si trovano gli addetti all’inserimento dati, la cui attività consiste nella gestione e organizzazione di grandi moli di informazioni, e nel trasferimento di informazioni da un formato all’altro. Anche gli operatori di telemarketing sono a rischio: gli assistenti vocali intelligenti sono infatti capaci ci condurre conversazioni e rispondere alle domande dei clienti in modo automatizzato.
I rappresentanti del servizio clienti costituiscono un altro esempio di professione vulnerabile: le richieste al customer service, come la gestione degli ordini, seguono spesso percorsi prestabiliti, perfetti per l’automazione. Una dinamica simile coinvolge i cassieri, le cui azioni ripetitive sono ora sostituite da casse automatiche e app di pagamento.
Gli strumenti di intelligenza artificiale sono anche in grado di individuare errori grammaticali, di punteggiatura e persino incoerenze di tono in un testo, motivo per cui si sta riducendo la domanda di correttori di bozze. In campo giuridico, inoltre, i paralegali e assistenti legali vedono la loro mansione, come la ricerca di sentenze passate, alla portata dell’AI. Anche molti lavori dei contabili, come l’emissione di fatture e l’aggiornamento dei registri, è adatto all’automatismo.
Per quanto riguarda il settore dei servizi, che in alcuni casi interseca la sfera degli ITS, i lavoratori nella ristorazione e gli operai di magazzino sono tra i più esposti: cuochi robotici e macchine in grado di gestire la logistica di un magazzino svolgono questi compiti in modo rapido e affidabile. Infine, anche gli analisti di ricerche di mercato svolgono mansioni ripetitive, come la raccolta di dati e lo studio delle tendenze, compiti che anche l’AI è capace di gestire.
Più collaborazione che competizione
Non è detto che il fenomeno della sostituzione debba essere interpretato per forza in chiave negativa. L’introduzione dell’AI genera anche nuove opportunità occupazionali, in particolare in quei settori che richiedono la supervisione, la programmazione e l’ottimizzazione dei sistemi automatizzati. Ecco che quindi addestratori di AI, esperti di etica e supervisori della qualità dei dati saranno professioni sempre più richieste, che rappresenteranno non una competizione tra esseri umani e macchine, ma una vera e propria collaborazione.
Un cambiamento, questo, che conferma l’importanza delle abilità tecniche ma anche la necessità dell’affiancamento alle qualità umane, difficilmente replicabili da una macchina, tra cui la creatività, il pensiero critico e l’empatia.
Un po’ di numeri a livello globale
Secondo studi recenti, il 41% delle aziende a livello globale prevede di ridurre la propria forza lavoro entro il 2030 a causa dell’automazione tramite AI. Tuttavia, si stima anche che la stessa AI creerà 170 milioni di nuovi posti di lavoro, con un guadagno netto di 78 milioni di posizioni a livello mondiale. Infine, il 53% dei leader IT ritiene che l’AI ridurrà la forza lavoro, ma la considera soprattutto uno strumento per spostare i dipendenti verso compiti più creativi e di alto livello.
Guardando la questione da un punto di vista globale, l’impatto dell’AI sull’occupazione dipende anche dai paesi e dai rispettivi livelli di reddito. Infatti, secondo lo studio Generative AI and Jobs: A refined Global Index of Occupational Exposure, nei paesi ad alto reddito il 5,5% dei lavori è a rischio di potenziale automazione, mentre il 13,4% potrebbe essere trasformato attraverso l’AI come assistente; nei paesi a basso reddito, solo lo 0,4% dei lavori è esposto all’automazione, ma il 10,4% potrebbe beneficiare del potenziamento attraverso l’AI.
Quali professioni rimangono umane (per ora)?
Non tutti i lavori sono destinati a scomparire. Esistono interi settori che rimangono fuori dalla portata dell’AI, perché basati su creatività, intelligenza emotiva e complesse capacità decisionali, come il lavoro dei terapeuti, degli operatori sanitari, degli educatori, i quali si fondano sul contatto umano, sull’empatia e sulla cultura. Ma anche le mansioni che mettono al centro competenze tecnologiche avanzate hanno i loro vantaggi perché la tecnologia va governata e messa al servizio di settori che la vedono come un enabler, quindi come una leva per crescere e creare valore.














