L’Italia corre per recuperare i 10 anni di ritardo rispetto alla Germania sul piano di sviluppo nazionale Industria 4.0. Il nostro Paese è ancora impegnato nella rivoluzione industriale tecnologica e digitale, quella in atto in Europa che unisce tecnologia, automazione, intelligenza artificiale (IA), internet, data Science e analisi dei Big Data.
In questo contesto la macchina sostituisce l’uomo per i lavori manuali mentre si innalza il livello delle competenze richieste ai lavoratori. Il lavoro 4.0 è sempre più intelligente: unisce, perciò, agli interventi manuali le capacità tecniche di analisi e conoscenze complesse. La produzione industriale è sempre più automatizzata e interconnessa attraverso l’internet of things (IOT).
Tuttavia la rivoluzione tecnologica 5.0 è alle porte. La velocità che caratterizza i cambiamenti industriali dell’ultimo decennio rappresenta una novità, senza precedenti storici. Anche per questo ci si interroga sul futuro delle professioni. Spariranno diversi ruoli, quanti? Le persone riusciranno a trovare ancora lavoro, e quale? La disoccupazione è destinata ad aumentare o a diminuire? Domande legittime che sentiamo spesso e cui proveremo a rispondere tracciando un quadro di riferimento, in cui inserire una piccola analisi in due parti. Questa è la prima.
Industria 4.0 e oltre
Nei prossimi anni scomparirà il 5-10% dei lavori attuali, ma tutti gli altri subiranno un cambiamento totale nella loro attuazione. Certamente i compiti più routinari e creativi, ma con poca istruzione, verranno sostituiti dall’intelligenza artificiale (IA).
Quali le competenze per il lavoro 4.0 e 5.0? Le competenze lavorative che funzioneranno – e non verranno cancellate dal cambiamento – saranno certamente quelle più complesse. Ovvero quelle sviluppate attraverso alti livelli di istruzione e esperienze di lavoro approfondite. Come ricordato più volte anche dall’Unione europea, la sfida del futuro si giocherà tutta sullo sviluppo continuo delle competenze dei cittadini, che dovranno acquisire conoscenze nel campo dell’innovazione tecnologica.
Perché gli ITS potrebbero funzionare?
In questo scenario si evidenzia come il sistema “duale” di formazione potrebbe essere il più funzionale per la transizione scuola-lavoro. Nel sistema duale, infatti, si formano assieme quotidianamente sia l’istruzione in aula che le competenze lavorative apprese direttamente sul posto di lavoro. Gli ITS attuali costituiscono un piccolo esempio di sistema duale. I vantaggi di questa organizzazione sono molteplici, per esempio: la flessibilità dei percorsi formativi e la diversificazione delle competenze, oltre alla capacità di prevedere le esigenze del sistema produttivo. Infatti, durante i tirocini nelle imprese l’essere inseriti in un ambiente di lavoro reale permette di acquisire visioni del contesto e competenze aggiornate sul mercato e sulla produzione.
La possibilità di frequentare un ITS potrebbe, inoltre, rappresentare un’alternativa all’abbandono scolastico da parte degli studenti, causato molto spesso dall’alta aspettativa di trovare immediatamente lavoro dopo gli studi. Per lo stesso motivo, gli ITS possono essere scelti come proseguimento della formazione rivolta all’inserimento del mondo del lavoro – anche da chi ha frequentato i licei –. In questo modo si unirebbe alla conoscenza approfondita dei licei una formazione professionalizzante specifica, che potrebbe poi portare in alcuni casi ad inserirsi anche nei percorsi universitari.
Lavoro 4.0 e ITS, qualche dato
Secondo l’ultimo monitoraggio nazionale della Banca dati Indire, riferito al 31 dicembre 2019, su 5.097 studenti iscritti a 201 percorsi di 104 ITS, 3.761 sono stati i diplomati, pari al 73,7%. L’80% dei diplomati ha trovato lavoro e, tra questi, il 92% è risultato occupato con un profilo professionale coerente con il percorso di studi concluso.
La transizione del lavoro 4.0-5.0
La velocità e la rivoluzione del lavoro così come concepito fino ad oggi stanno avendo, e avranno, conseguenze di grande portata. Da un lato si spera nelle grandi potenzialità di sviluppo dell’umanità, che consisterebbero in un miglioramento della vita delle persone e delle popolazioni. Dall’altro lato queste rivoluzioni dell’industria non sono immuni da aspetti negativi. Assieme ai frutti positivi portano e porteranno criticità, per esempio: una maggiore disuguaglianza sociale. Basti pensare al digital gap, alla differenze nell’accesso alle tecnologie e al digitale a livello sociale. Cosa significa questo in relazione al mercato del lavoro? Col passare del tempo, il fatto che l’automazione sostituirà gran parte della forza lavoro, potrà portare ad un divario tra i profitti del capitale e del rendimento del lavoro stesso.
Tra gli aspetti positivi sul mondo del lavoro, c’è la creazione di ruoli più sicuri (quelli pericolosi saranno sostituiti dalle macchine) e gratificanti. Nasceranno infatti nuovi ruoli e professioni dove mettere a frutto le qualità e competenze più spiccatamente umane. Creatività, empatia, lavoro di squadra, risoluzione dei problemi, innovazione, imprenditorialità e inventiva vivranno – si spera – una nuova era.