Certamente i vantaggi degli ITS per le aziende sono presenti e importanti, ma non è questo l’elemento fondamentale della nuova prospettiva adottata da alcuni corsi ITS del Veneto. Infatti la prospettiva, si potrebbe dire, è ora ribaltata, perché il punto di vista a cui si dà la priorità è quello dei giovani: sono loro, infatti, i protagonisti nelle decisioni che saranno determinanti per il loro futuro nel mondo del lavoro.
La visione della società 5.0 è in sostanza già qui oggi, per esempio nello sviluppo degli apprendimenti della Fondazione Edulife, partner di ITS Last Academy, per i corsi di Digital trasformation specialist e Internazionalizzazione dei processi di impresa. Una pedagogia messa a punto e sperimentata in trent’anni di esperienza in contesti formativi internazionali che in origine ha tratto ispirazione dalla visione salesiana di don Bosco, e oggi è stata traslata anche in iniziative private e in forma laica. Alla base c’è il concetto radicato nella storia e nella nostra tradizione di educare come educere, dal latino, ossia estrapolare dai giovani i talenti le inclinazioni e i desideri sostenuti da abilità.
Il senso della scelta nei giovani
Aiutare i ragazzi a trovare il senso e la motivazione nella vita e nel lavoro è fondamentale. Per farlo si deve cercare di stimolarli a seguire la loro passione. Lo ha spiegato a TuttoITS Antonello Vedovato, presidente e fondatore di Edulife: sostenere i ragazzi nella loro passione significa educarli alla scelta, a essere soggetti attivi nell’apprendimento, anche se questo significa fare un po’ di fatica in più. Partire dall’educazione, attivando un progetto di vita esistenziale, è una scelta che si rivela vincente prima di tutto per i giovani – che scoprono quale potrebbe essere il loro percorso lavorativo – e poi per le aziende, che un domani si ritroveranno un personale più formato e motivato. Questa è una caratteristica che potrebbe invertire la tendenza in atto a livello globale dell’abbandono crescente dei posti di lavoro da parte delle giovani generazioni, con il chiacchieratissimo ed enorme fenomeno della great resignation.
Progetto di vita dei giovani e lavoro 5.0
Il punto di partenza non è quindi l’azienda e ciò che le serve, ma sono i ragazzi e le ragazze. Certamente si dovrà poi fare i conti con la realtà delle richieste del mercato, ma la prospettiva dalla quale guardarle sarà quella delle proprie abilità, inclinazioni e sogni. “Il concetto che il ragazzo sia funzionale a questo o a quel mondo aziendale è scomparso”, continua Vedovato, “si tratta di mestieri da delegare ad algoritmi e bracci antropomorfi. L’essere umano è completo, a differenza delle macchine che delle 5 dimensioni umane – osservazione, comprensione, consapevolezza, creazione, responsabilità – sono in grado di fare soltanto la prima. Creare le condizioni per i giovani per incontrare il proprio progetto di vita evita di costruire dei falliti con tutti i mali della società cui assistiamo, come depressioni e disagi giovanili. Evita che prima o poi questi ragazzi siano sostituiti dalle tecnologie senza avere la capacità di scelta”.
Con l’avanzare dell’innovazione, infatti, intere famiglie professionali sono state cancellate dalle macchine poiché i processi alla base erano prevedibili, ripetibili e controllabili. Di qui l’importanza di agire come società intera – partendo dal concetto che le imprese sono fatti sociali, prima ancora che economici – e di creare un patto di solidarietà tra generazioni, che permetta di allearsi per aiutarsi a vicenda in questo tempo di passaggio antropologico verso l’industria e la società del futuro.
I progetti di realtà dei project work degli ITS
Un esempio di come questa pedagogia dei talenti venga messa in pratica, sono i cosiddetti progetti di realtà. “Ogni volta c’è un’esperienza trasformativa per i ragazzi – spiega Vedovato – la si fa diventare un progetto di realtà”. Questo spesso coincide con i project work degli ITS, che insistono in contemporanea su tre dimensioni: interdisciplinare, interculturale e intergenerazionale. Dimensioni che accelerano gli apprendimenti, anche nell’ambito delle soft skill. Detto altrimenti, di fronte a una società iper-specializzata se non si trova un percorso che appassiona non si troverà mai la propria specializzazione.
Lo sviluppo degli apprendimenti esportato nel mondo e in Cina
Da tre decenni Edulife opera nei contesti formativi internazionali: dopo diversi anni in America Latina, il modello pedagogico è approdato in Cina, dove è presente da una decina d’anni in otto scuole pubbliche. Grazie a questo modello si è accreditata a livello governativo, poiché percepita come best performer – e vincitrice di diversi premi – nello sviluppo degli apprendimenti nella formazione professionale, con ragazzi particolarmente vulnerabili. Vale a dire, per esempio, quelli che provengono dalle zone di campagna e che non hanno alle spalle un percorso di studi adeguato.
E se dalla Cina passiamo all’Italia, in particolare alle zone del nord dove Edulife sta lavorando con 38 Comuni e relativi sindaci, i territori diventano in questa ottica learning e smart cities, con l’obbligo di favorire gli apprendimenti e di adattare le tecnologie digitali al massimo livello, per mettere i propri cittadini nelle condizioni di estendere il proprio potenziale. Il digitale è qui inteso come una magnificenza che abbiamo ereditato, per delegare alcuni processi non umani alle tecnologie e allo stesso tempo fare emergere i talenti umani. “Creiamo dei luoghi dove le persone, e in particolare i giovani, possano sperimentare e rendere l’apprendimento il più possibile centrato sulla propria identità culturale, sociale e professionale“, conclude Vedovato. “Ciascun giovane è unico e irripetibile, ma se non è in grado di conoscersi a fondo non potrà essere in grado di mettersi davvero in gioco”.