Da un lato le giovani generazioni con il loro carico di sogni, speranze, progettualità o confusione sulla strada lavorativa ed esistenziale da seguire, dall’altro le imprese, alla continua ricerca di personale da formare con la speranza di un inserimento duraturo. O meglio, alla ricerca di personale già formato e ricco delle giuste competenze. Due mondi che spesso non dialogano e non si incontrano per formare quell’equilibrio richiesto tra domanda e offerta di lavoro e creare quel circolo virtuoso che fa girare l’economia e il benessere sociale.
Per capire qualcosa di più degli ingranaggi inceppati dell’orologio economico nel nord-est, abbiamo considerato l’analisi di Fondazione Nord-est, osservatorio d’eccellenza sui territori in relazione alle imprese e al lavoro. L’abbiamo divisa in due parti, questa è la prima.
Le aziende faticano a trovare personale
Partendo dai dati, nel Triveneto il 57% degli imprenditori (intervistati da Fondazione Nord-est) ha confermato la difficoltà nell’assumere e/o trattenere i giovani in azienda. Con una punta del 61,2% nel metalmeccanico e meno criticità nei servizi (34,3%). Si tratta di un dato trasversale a tutte le aziende, se si considera la dimensione, anche se ad essere favorite sono quelle più grandi, da 250 addetti. Qui il 52,6% degli imprenditori ha riscontrato difficoltà, contro il 54,6% e il 57,6% di chi opera in aziende da 50 a 249 addetti e fino a 49 addetti.
Tra i settori in cui gli imprenditori faticano di più troviamo l’Alimentare-Tessile-Legno (59,3%) e il Metalmeccanico (61,2%), seguiti da Altro manifatturiero (49%), Costruzioni (46,7%), Commercio (51,2%) e Servizi (34,3%).
Gli imprenditori: perché le aziende non trovano personale
Secondo gli imprenditori (49,5%), la scarsa attrattività dei giovani dipende dal poco interesse per il lavoro in fabbrica, dalla distanza tra le competenze richieste e la preparazione dei candidati (36,1%). Il dato evidenzierebbe un mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro a causa del disallineamento tra formazione e necessità delle imprese. Fatto sta che questi due dati assieme formano l’82% delle motivazioni, secondo gli imprenditori.
Le altre ipotesi quindi, come la mancanza di prospettive occupazionali da parte dell’azienda o la sua minor fama, vengono indicate soltanto dal 3,3% degli intervistati. In sintesi, conclude Silvia Oliva, ricercatrice di Fondazione Nord-est, “per gli imprenditori le difficoltà nascono da una perdita di contatto e di appeal tra imprese e nuove generazioni e dall’approccio di queste ultime al lavoro, più che da criticità del sistema imprenditoriale e territoriale”.
I giovani: cosa chiedono?
Se il lavoro oggi è cambiato, i giovani lo sono ancora di più. I fenomeni come l’abbandono crescente dei posti di lavoro a livello mondiale (great resignation), di cui l’Italia è un esempio, hanno cause con radici proprio nel cambiamento dei modi di essere e sentire, che lentamente accompagnano la transizione verso la società 5.0. Secondo un concetto introdotto quasi una decina di anni fa dal governo giapponese è questa una società che mette l’uomo al centro per cui l’evoluzione tecnologica darebbe priorità al benessere delle persone (ne abbiamo parlato qui).
In effetti la generazione Z, i nati circa tra il 1997 e il 2012, secondo diversi studi sembra avere un approccio più orientato alla qualità di vita, all’attenzione per il tempo della vita privata e a un’idea di lavoro come percorso di crescita professionale e personale. Un concetto lontano quindi dall’intendere il lavoro come mero strumento di sostentamento economico.
In altre occasioni abbiamo affrontato l’argomento del senso esistenziale della scelta di vita e lavorativa dei giovani (per esempio qui). Nella società 5.0, dicevamo, si dovrà tentare di partire anche dalle inclinazioni, desideri di vita e bisogni dei giovani se si vorrà trovare personale motivato e adeguatamente formato, oltre che incline a rimanere sul posto di lavoro invece di abbandonarlo.
Cosa fanno le imprese per attrarre i giovani?
Sempre secondo Fondazione Nord-est, le strategie messe in atto dalle aziende per attrarre e trattenere i giovani riguardano ancora una percentuale troppo piccola di aziende. Le quattro strategie più diffuse tuttavia risultano coerenti con le esigenze dei giovani di cui sopra.
Eccole:
- Formazione continua (40%)
- Definizione di un preciso percorso di crescita professionale (34,9%)
- Attenzione alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (31,7%)
- Flessibilità negli orari di lavoro (28,1%)
- Aumento dei salari offerti (27%)
- Welfare aziendale (19,4%)
- Coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni (19,1%)
- Attenzione ai temi dell’inclusione e della sostenibilità (7,3%)
- Smart working (7%)
- Esperienze all’estero (4,1%)
- Altro (4,9%)