Il mondo del lavoro sta attraversando, a livello globale, cambiamenti importanti. La pandemia ha accelerato diversi processi, rendendo più strutturali fenomeni come lo smartworking e il telelavoro. Il discorso della conciliazione tra occupazione e vita privata è tornato a essere centrale. E solo tra qualche tempo potremo fare una riflessione più profonda sugli effetti della cosiddetta Great Resignation, la fuoriuscita volontaria di professionisti che occupano posizioni stabili. Non meno rilevanti sono gli impatti della grande evoluzione tecnologica che spinge fuori dal mercato mansioni obsolete, imponendo ai lavoratori, in diversi casi, un reskilling delle competenze.
Ma in questo quadro di grandi sconvolgimenti, c’è qualcuno che resiste: è il curriculum. Un fenomeno analizzato anche dal New York Times, in un articolo dal titolo The Pandemic Changed Everything About Work, Except the Humble Résumé.
Anche nella più grande economia del mondo, il curriculum resta l’elemento su cui i responsabili delle assunzioni e i reclutatori fanno più affidamento, secondo solo al colloquio in presenza. A differenza del passato, i processi sono più snelli per i reclutatori, e i software per il tracciamento delle candidature aiutano a realizzare un primo matching tra domanda e offerta. Inoltre, in diversi casi, il profilo Linkedin può costituire un competitor diretto per il vecchio résumé. Tuttavia, nessun metodo ha preso davvero il sopravvento sul curriculum vitae.
Scriverlo al meglio è fondamentale: quali sono gli errori da non fare? Quali gli aspetti di cui tener conto?
Ecco un recap con i migliori consigli di inJob, l’azienda che ricerca e seleziona personale qualificato per inserirlo in azienda. Il suo quartier generale italiano è a Verona ma è presente nel mondo in Europa, Stati Uniti e Asia.
- Ragiona come un brand
Lavorare sul personal branding è essenziale. Il curriculum ha smesso da tempo di essere un elenco di mere competenze. Deve anche riflettere caratteristiche, aspirazioni e margini di miglioramento della persona che si candida. Bisogna ragionare da brand, appunto: questi ultimi non parlano più solo del loro business ma anche dei valori in cui credono e degli obiettivi che si danno sul medio-lungo termine. Nella cura del personal branding rientra anche la dimensione online: citare i propri profili social ha senso, se essi sono connessi all’attività lavorativa (es: Pinterest/Instagram per i designer) o se rappresentano un elemento ulteriore di conoscenza del proprio know how (es: la bacheca Linkedin).
- Fatti cercare nel database
Il nostro profilo corrisponde davvero alla figura ricercata? A volte sì, a volte meno ma in entrambi i casi è necessario valorizzare i punti di contatto tra la propria esperienza e le competenze che l’azienda sta cercando in quel ruolo. Tanto più in un’era in cui il cv viene caricato, via web, nei database delle aziende e delle società di lavoro. Molte società, come ricorda inJob, utilizzano software per raccogliere le candidature e andranno in cerca delle parole chiave riportate nei curricula dei candidati. Usa grassetto e corsivo per aiutarti.
- Rendilo conciso e ben strutturato
Le esperienze delle persone sono diverse e quindi la domanda sulla lunghezza ideale del curriculum non ha troppo senso. In linea di massima, però, meglio non superare le due-tre pagine. Nessun dubbio invece sull’importanza di inserire le esperienze lavorative e formative in ordine cronologico, partendo dalle più recenti, cercando di creare una gerarchia anche visiva: gli elenchi puntati ci aiutano a dare il giusto focus alle informazioni e scandiscono la lettura del nostro interlocutore. - Personalizza il giusto
Il curriculum europeo è un’opzione, non una condanna. In alcuni casi può fare la differenza, in altri meno. Meglio, allora, provare a distinguersi con l’impaginazione e l’esposizione dei contenuti, per provare a emergere tra curriculum più standard. Ma senza esagerare. Soprattutto in termini di font: i grandi classici pagano sempre. Nulla vieta, come ricorda inJob, di redigere più versioni del nostro cv, scegliendo quella che ci appare più adeguata alle circostanze.
- Non scordare le soft skill
Gli studi, le esperienze professionali e le abilità linguistiche sono importanti ma un grave errore è trascurare le competenze trasversali, ovvero le soft skill. Cosa c’entra il corso di teatro con la vostra formazione scientifica o tecnica superiore? Beh, potrebbe dimostrare che siete versatili, che vi mettete in gioco e che non trascurate di ampliare la vostra visione sul mondo quando l’orario di ufficio giunge al termine. Le aziende cercano dipendenti con competenze ma anche con le giuste attitudini game-changer. - Scrivi cose vere
Vale la pena ribadire che non ha senso gonfiare le esperienze o le competenze. Se il vostro inglese è discreto ma non eccellente, al colloquio si vedrà. Perché barare?
- Fatti tutte le domande
Quando si scrive un curriculum vitae, bisogna porsi molti interrogativi.
Proviamo a rispondere con un veloce recap ai quesiti che ritornano.
Ha senso mettere una foto? Sì, ma solo per apparire più professionali.
Il cv va inviato in inglese? Sì, se l’azienda è una multinazionale e lavora sui mercati esteri. Vanno citate le norme a tutela della privacy? Certo, perché il cv contiene dati personali e quindi bisogna autorizzarne il trattamento (ai sensi delle normative italiane ed europee più recenti in materia, ndr).
- Rileggi sempre prima di inviare
Non è un consiglio scontato: prima di inviare, bisogna rileggere più volte per escludere errori, incongruenze, informazioni superate. Se avete impiegato ore a scriverlo, forse non sarete lucidi: fatelo leggere anche a un amico o un collega. Prendetevi del tempo per affiancare una lettera di presentazione, breve ma efficace, sui motivi per cui avanzate la candidatura. Non resta poi che premere il tasto invia.