Luoghi dell’innovazione che colgono i bisogni emergenti: sono queste le parole con cui il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi ha descritto gli Istituti Tecnici Superiori aprendo il convegno in occasione dell’ITS Day 2022, per definire i percorsi di istruzione tecnica professionale che nel nostro Paese hanno ormai una tradizione decennale.
Il 14 giugno, nella sala Aldo Moro, sede del ministero dell’Istruzione di Viale Trastevere, Bianchi ha speso parole propositive in merito alla riforma degli ITS: “prende il meglio delle nostre esperienze, le stilizza in modo da poterle diffondere e ci permette, anche avendo un significativo contributo dall’Europa, di andare verso un regime che possa darci anche a livello di adesione da parte degli studenti quella rilevanza che, dal punto di vista della capacità di sperimentazione, innovazione e stimolo a livello industriale, gli ITS hanno già dimostrato di avere”.
Bianchi non ha dubbi, l’Italia non deve dimostrare le proprie potenzialità in questo settore. “L’abbiamo già dimostrato negli ultimi dieci anni. Dobbiamo solo mettere a sistema quello che abbiamo fatto”, ha detto. Il cuore di tutto il ragionamento ITS, ha spiegato il ministro, risiede nella profonda connessione con le dinamiche produttive e territoriali, che negli ultimi 10 anni si sono trasformate in maniera sostanziale. “Di fronte a noi c’è un orizzonte di grandi ulteriori trasformazioni”.
Non dobbiamo più sentirci inferiori agli altri paesi, dice Bianchi
Secondo Bianchi, è importante liberarsi da quella sensazione, tutta italiana, per cui ci percepiamo costantemente figli minori di esperienze di altri Paesi. “Dovendo noi guardare avanti, vediamo tre cose importanti: in quasi tutti i settori vi saranno dei fortissimi ritorni verso l’Europa di fasi produttive, che portano a una profonda trasformazione dei cicli produttivi. Inoltre, verrà abbandonata la produzione di massa, in base alla quale si è dato vita a prodotti standard di media qualità e a basso prezzo e su cui dovevamo concorrere. Tutti i nostri distretti erano in difficoltà a competere con produttori di altri Paesi con mercati interni più ampi. L’Italia su questo ha aperto una strada: quella della differenziazione e della qualità dei prodotti”.
Questa, ha specificato Bianchi, è la strada che ancora oggi, nonostante la crisi ucraina, si dimostra cruciale. “Noi avremo da una parte filiere più corte, per cui ci sarà un problema importante di ricomposizione e trasformazione profonda delle filiere verso prodotti di consumo che diventeranno sempre più prodotti di risposta a bisogni individuali, come dimostra il caso del settore tessile di Biella, che ci porta i risultati della felice combinazione di una grande tradizione e una profonda innovazione e capacità di fornire risposte sempre più personalizzate ai nostri consumatori, con una forte tensione internazionale dove noi siamo portatori di una qualità misurata sui bisogni emergenti“.
Il cuore dell’ITS, ha spiegato il ministro, risiede proprio nella capacità di cogliere i bisogni emergenti, di essere luogo di coagulo di territori fortemente caratterizzati da storie industriali, ma anche luogo della sperimentazione. “Un processo di trasformazione in continuo cambiamento necessita di persone che conoscono perfettamente i cicli produttivi e siano capaci di incrociarsi con altre storie di innovazione”.
Il nodo del rapporto tra ITS e università
Riguardo le polemiche sulla competizione con le università, Bianchi non ha dubbi. Sono inutili, perché le università devono portare ricerca, e questo implica un percorso di formazione in cui i formati e gli educatori condividono un progetto di ripresa, rilancio e resilienza. “A sua volta, questo implica che il mondo industriale assuma la funzione di educatore, non solo per trasferire competenza tecnica, ma anche di sviluppo: la capacità di gestire direttamente le fasi produttive e poi la capacità di pensare in termini di sviluppo produttivo. Questa idea, su cui noi stiamo lavorando, è una nuova figura che diventa cruciale nello sviluppo italiano”.
Da questo punto di vista, il sistema Italia ha sempre funzionato perché interviene sulle figure intermedie che dispongono di capacità di gestione operativa, di governo e trasformazione produttiva. “Per questo il lavoro ITS non è e non va inteso né come un surrogato di istruzione superiore-università, né come un prolungamento di istruzione secondaria. L’ITS ha una funzione fondamentale nell’ambito della generazione e della trasformazione dei sistemi produttivi. Noi stiamo formando persone con una conoscenza profondissima della struttura produttiva del territorio, conoscenza e coscienza dei percorsi degli altri settori produttivi e non produttivi (per esempio le dinamiche di medicina, digitale, benessere, sostenibilità). Quello che diventa fondamentale di questo passaggio è che deve essere visto a livello internazionale”.
I tre pilastri degli ITS italiani
In chiusura, Bianchi ha voluto specificare i tre perni, consolidati da tutti i nostri ITS: la fortissima conoscenza dei processi interni ai vari settori, una fase di profonda conoscenza della struttura gestionale dell’innovazione e dei processi trasformativi (quindi la capacità di dialogo con i soggetti che generano ricerca) e infine una fortissima dimensione internazionale.
“Noi abbiamo un percorso originale, tagliato sulla nostra storia produttiva, che ha un grande futuro: prodotti di alta qualità che rispondono a bisogni emergenti di popolazioni sempre più variegate”. Proprio per questo, secondo Bianchi, dobbiamo dare la parola agli ITS affinché ci portino le loro testimonianze ed esperienze. “Raccontatevi di più fra di voi, cominciate a ragionare come sistema con una propria autonomia e con un ruolo fondante nello sviluppo produttivo del Paese”.