L’edilizia del futuro, e in particolare quella degli smart building, avrà sempre più bisogno di competenze all’altezza delle sfide.
Lo conferma la recente analisi condotta dalla Community Smart Building di The European House – Ambrosetti (TEHA) che sottolinea come sia fondamentale “rafforzare l’offerta formativa nelle scuole e nelle ITS Academy, per sviluppare le competenze necessarie alla transizione verso un’edilizia più
sostenibile e innovativa”.
L’upskilling e la formazione rimangono “centrali per colmare il gap di competenze” ma anche per svecchiare un settore, quello edilizio, dove gli occupati, “hanno un’età mediamente alta: il 62% ha tra i 35 e i 54 anni e il 18% più di 55 anni. Al momento, solo un quinto (20%) è nella fascia tra i 15 e i 34 anni”.
Sicuramente giovanissimo, e in possesso di competenze aggiornate grazie alla formazione tecnologica superiore, è Alessandro Galli, ex studente dell’ITS Red Academy, istituto cui ha frequentato il corso di Construction Manager a Varese diplomandosi a giugno 2024. Il corso gli ha permesso di acquisire competenze pratiche nell’uso di software di modellazione 3D e BIM che spende anche al servizio di una piazza mitica in materia di immobili, quella newyorkese. Si occupa infatti di planning digitale per edifici a Manhattan, pur lavorando per una realtà italiana che però ha una proeizione internazionale.
“Con la mia specializzazione da Construction Manager, lavoro con serenità accanto a professionisti come architetti, designer e developer internazionali. In questo settore, sono importanti le competenze concrete e le capacità di adattarsi a un ambiente molto competitivo; per questo ho scelto New York”, ha dichiarato Galli.
TuttoITS lo ha intervistato per capire come le competenze abbiano cambiato la sua direzione di vita e professionale. Nel passato di Galli infatti ci sono molte esperienze lontane dalla tradizionale staffetta diploma – formazione terziaria – lavoro e, nella sua storia, l’istruzione tecnologica superiore si manifesta in uno degli aspetti più interessanti, ovvero come seconda occasione per aprirsi a una nuova fase e a una nuova prospettiva personale mentre si è ancora giovani ma non necessariamente freschi di diploma.
Galli, in che momento della sua vita e del suo percorso è arrivato a scegliere la strada dell’ITS?
Sapevo che il percorso che stavo facendo nelle forze armate (prima in Marina, poi nell’esercito, ndr) poteva volgere al termine, per un infortunio, per qualche esame non positivo, era una prospettiva abbastanza precaria. Si tratta comunque di un tema abbastanza comune. Mi ero già messo in testa che avrei avuto una sorta di piano B, iniziare un percorso di studi che mi permettesse di imparare un mestiere da zero e che mi desse la possibilità di inserirmi in un ambiente lavorativo che mi consentisse anche una crescita professionale.
Perché proprio l’ITS e una formazione da Construction Manager ?
In realtà ho sempre avuto una certa passione nei confronti dell’edilizia, delle costruzioni, che mi è stata tramandata da mio nonno, un ingegnere civile. Naturalmente lavorando in Marina, non avevo la possibilità di frequentare l’università, se non online; facendo parte di una branca operativa, facendo missioni all’estero, girando ed essendo in continua a formazione a livello militare, non avevo la possibilità di studiare. L’idea dell’università l’avevo un po’ abbandonata e invece l’ITS mi è sembrato vicino alle mie idee, anche perché mi permetteva fin da subito di interfacciarmi con il mondo per cui studiavo, grazie agli stage di prima e secondo anno. Nel primo stage, presso uno studio di archittettura, mi sono trovato molto bene, si occupavano di pratiche edilizie e di progetti ed è il contesto che mi ha introdotto alla professione.
Lavorando in un contesto dove non mancavano persone in possesso di una laurea, come erano percepite le sue competenze ITS, terziarie ma non accademiche?
Ai miei datori ho spiegato quali fossero le mie competenze e le mie lacune, queste ultime non erano dovute all’ITS ma al fatto che non avessi frequentato una scuola tecnica, ma un liceo artistico. Erano gap legati a capacità principalmente grafiche e magari alla conoscenza di parti più tecniche dei cantieri.
Il loro rapporto invece con la formazione ITS è stato assolutamente di interesse sin da subito, erano molto soddisfatti della preparazione che avevo ricevuto. In entrambi gli studi in cui ho fatto uno stage, e nel secondo con cui collaboro tuttora, la mia preparazione ITS ha portato delle migliorie in termini di upgrade nell’utilizzo di software BIM. La mia figura è stata scelta principalmente proprio le competenze che ho acquisito in ITS. Grazie alle skill apprese, lo studio ha potuto esplorare campi che per il mercato americano sono obbligatori.
Quali sono i campi obbligatori di quel contesto?
Dal punto di vista della progettazione in Italia siamo molto avanti, a livello di software invece, quindi nell’uso dei programmi, siamo leggermente un po’ indietro. Usiamo ancora molto autocad. In America, ma in realtà in tutto il resto del mondo, viene parlato il linguaggio BIM. In Italia lo si usa da poco tempo e c’è bisogno che sempre più persone riescano a padroneggiarlo. Era quindi imprescindibile la presenza di una persona che potesse lavorare in questo modo.
Come si svolge il suo lavoro negli States?
Il mio lavoro si concentra sui building, edifici di più piani che vengono realizzati da diversi investitori nel centro di Manhattan. Sto seguendo quattro edifici diversi, che sono a livelli diversi di avanzamento dei lavori. Forse per i primi mesi del 2026 si potranno vedere i primi frutti. Il mio lavoro si articola principalmente in Italia, lavoro in studio e poi ci alterniamo con l’architetto, il capo dello studio, e con l’altro architetto con cui mi affianco, a New York, quindi siamo sul campo magari due settimane a testa, magari un mese a testa, è variabile.
Ci affianchiamo agli architetti locali e al developer, mentre invece l’architetto locale è colui che si occupa di presentare il progetto agli enti incaricati americani. Noi ci occupiamo principalmente di tutto il design, di tutto il concept dell’edificio, quindi dalla forma esteriore al design degli interni.
All’ITS è arrivato dopo un’esperienza professionale, come è stato l’approccio e che differenze con gli altri studenti?
Ho visto un approccio all’ITS diverso da parte di chi aveva già esperienza lavorativa rispetto a chi invece usciva dalle superiori. Per noi, era più un corso di formazione che ci preparasse a un lavoro. Chi esce dal liceo lo vede più come un prosieguo della formazione. Sono entrato con l’idea di imparare un mestiere da capo e di riuscire ad arrivare da qualche parte grazie a questa professione.
Dopo l’ITS potrebbe esserci altra formazione, anche in ambito accademico?
L’ITS è un punto più che valido per potersi creare una propria carriera. Sono una persona estremamente ambiziosa e so che purtroppo in Italia, per poter ambire a certi progetti, bisogna avere più titoli possibili. La laurea potrebbe essere quel titolo che più si addice alle mie esigenze, potendo anche far riconoscere dei crediti. In Italia per firmare un progetto bisogna essere iscritti all’albo, la firma di un progetto con il diploma ITS non è fattibile. Il ruolo che vorrei ricoprire è quello attuale ma con più responsabilità, anche se l’obiettivo è transitare da construction manager a developer.
Cosa avrebbe invece voluto fare diversamente in ambito ITS rispetto a una formazione comunque premiante?
Avendo avuto come professori professionisti che lavorano nel settore, abbiamo studiato cose utili al lavoro, scremando le parti tecniche meno importanti. L’unica che avrei approfondito leggermente in più, non arrivando da una preparazione tecnica, è il disegno tecnico, che però ho approfondito lavorando in studio e alla fine mi sono portato al pari di tutti gli altri disegnatori.
Quello americano è un mercato stimolante ma quali altri hanno appeal per un Construction manager?
Sicuramente uno dei mercati più floridi è quello arabo, il mercato degli Emirati Arabi Uniti mi piace moltissimo e l’ho visitato. Ho anche avuto modo di di parlare, di confrontarmi con uno dei principali developer e di avere un colloquio conoscitivo. È stato veramente molto interessante. Si tratta di un contesto che vorrei esplorare, possibilmente insieme allo studio con cui sto collaborando che è capitanato da un architetto, Antonio Ventimiglia, che è una persona molto, molto in gamba e che ha operato a livello globale con progetti sia negli Emirati che a Singapore.
Come è la vita di un giovane italiano in America?
Cresciamo con il mito americano, almeno io personalmente sono cresciuto con quello di Manhattan. Una delle prime cose che ho fatto appena arrivato è stata andare a comprare una ciambella e un caffè americano per consumarli a Central Park, guardando il lago che c’è al centro e sentendomi in un film hollywoodiano, è stato forse uno dei momenti più semplici ma più significativi del mio essere arrivato in città. Mi è capitato di partecipare a feste in casa, se ne fanno tante, sono tutte cose semplici ma al contempo diverse. Penso anche ai primi rooftop, sono molto, molto d’impatto. Milano non è proprio un paesino però i grattacieli di Manhattan ti davano la sensazione di arrivare in un posto in cui vorresti essere da tanto tempo.
Pensa mai di trasferirsi?
Da un punto di vista prettamente lavorativo, partirei già domani, le opportunità che ci sono in America è difficile averle in Italia, c’è anche un tema di rete, è un Paese enorme, con possibilità infinite, un mercato comunque molto saturo ma lo spazio c’è se uno sa mettersi in gioco. Dall’altra parte, entra sempre in gioco il marinaio che c’è in me, che c’è sempre stato, e quindi l’Italia fai fatica a lasciarla perché è un paese che cerchi sempre di cambiare un pochino.
Ha mai nostalgia degli anni in Marina?
Sono estremamente fiero del percorso che abbiamo fatto tutti insieme. Si dice che se sei marinaio un giorno, sarai marinaio per tutta la vita. Porto nel cuore tutte le persone conosciute, è una parte d’Italia che bisognerebbe ricordare più spesso. Le forze armate vengono messe un po’ da parte o viste con gli occhi di traverso. E invece, si trovano veramente migliaia di storie bellissime. Penso sempre alla Marina con nostalgia. Una nostalgia buona.